Recensione – “Salve Macbeth, che sarai re!”, il regista Justin Kurzel porta sul grande schermo l’opera di Shakespeare con le magnifiche interpretazioni di Marion Cotillard e di Michael Fassbender. Un film che emoziona e coinvolge.
Va subito detto che troppo spesso si è tentato di ingabbiare Macbeth in uno schema di tipo psicologico, definendola come “la tragedia dell’ambizione”, tentando di ricercarne gli archetipi in personaggi quali Lucifero e Prometeo o guardando Macbeth e la sua Lady, come fossero gli Adamo ed Eva nel momento della loro trasgressione.
Inoltre la trasposizione cinematografica di quest’opera è sicuramente un grande fardello, perché se già da un lato si ha un timore reverenziale nei confronti della grandezza delle opere shakesperiane, dall’altro si ha anche paura di essere oscurati da quei registi che sono riusciti benissimo a confrontarsi con questa tragedia (si pensi a Roman Polanski e ad Akira Kurosawa).
Il gravoso onere di dirigere questa pellicola è spettato all’australiano Justin Kurzel, scelto anche per dirigere il lungometraggio di Assassin’s Creed, ma andiamo a dare un giudizio a caldo su questo film. Sicuramente il punto di forza erano i due protagonisti principali: Macbeth interpretato da Michael Fassbender ( futuro interprete di Steve Jobs) e, nei panni di Lady Macbeth, vi calza una splendida Marion Cotillard ( attrice premio Oscar per La vie en rose). Altro citabile membro del cast è David Thewlis, il professor Lupin di Harry Potter, il cui ruolo nei panni del Re Duncan non mi ha totalmente convinto, ma tanto, da buon sovrano assassinato, la sua parte è durata ben poco.
Macbeth non è un Prometeo o un superuomo in questo film, non ci si concentra su archetipi o su introspezioni psicologiche: chi ama la miscela sangue, fango, battaglie e slow motion verrà immediatamente accontentato, trasportato in tetri paesaggi anglo-scozzesi e in cupe atsmosfere alla Trono di Spade. Un altro punto di forza è stato quello di mantenere i dialoghi del testo originale e i monologhi della coppia Fassbender e Cotillard sono veramente ben riusciti anche a livello emozionale, accompagnati dagli immediati primi piani che avanzano lentamente verso i protagonisti. Marion Cotillard nei panni di Lady Macbeth è ben scelta, dietro il suo viso angelico, recita i panni di un animo corrotto: la vediamo sorridere con dolcezza al re, mentre parallelamente vediamo spezzoni di flashback che la vedono tramare con suo marito in tutta la sua spietatezza (si ricordi che un’altra perfetta interpretazione della Lady Macbeth era stato ricoperto da Jane Lapotaire, nel Macbeth della BBC, ma nonostante ciò qui la Cotillard riesce a farsi decisamente apprezzare).
La storia è sempre quella della sete di potere e di ambizione, ma in queste nebbie della Scozia, in questo repentino cambio di colori dal cupo colore grigio-bluastro iniziale al rosso finale qualcosa sfugge, alcune scelte del regista lasciano un senso d’inquietudine, d’inafferrabile e di non-detto che ben si confanno a certe tematiche shakesperiane: consegnano allo spettatore l’interpretazione di questa sua personale, ma fedele ricostruzione del Macbeth.
A ben pensare anche l’arcano “Bello è il brutto e brutto è il bello” enunciato dalle tre streghe diventa famoso nell’immaginario comune, ma rimane alquanto misteriosa l’interpretazione. Noto che in questa recensione ‘Macbeth’ è stato pronunciato un po’ troppe volte per i miei gusti e, pur non essendo scaramantica, chiudiamo qui, non vendendo meno alle superstizioni anglosassoni che credono porti tanta iella pronunciare il nome del protagonista di questo dramma.
Voto: 7,8