Recensione in anteprima – Torino 33 (2015)Film cinese autobiografico della regista cinese Degena Yun che parla della malattia di suo padre, anch’esso regista. Un film che non impressiona per originalità ma esprire tutto l’affetto per quegli ultimi anni di sofferenza.

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Shanshan torna dall’Inghilterra, dove si trovava per studiare, a Pechino per assistere il padre malato di cancro. La convivenza con lui e con la madre non è delle più semplici: comunicazione scarsa, empatia assente. Shanshan non sa che strada intraprendere nella vita e si smarrisce tra alcool e relazioni insignificanti.

Esistono dolori che è difficile raccontare se li si vive in prima persona, e la scomparsa di un padre a causa del cancro è uno di questi. La regista decide però di rendere omaggio al padre, regista anch’esso, con un film che narra i suoi ultimi giorni di vita, quando ormai il male, incurabile, ha vinto e il padre si abbandona prima ai vizi e alle serate con gli amici e poi si confronta con il dolore che pian piano lo sfianca e che lo fa pensare ai rapporti presenti e passati.

Il regista, protagonista della vicenda è il mongolo Saifu, celebre almeno nei paesi asiatici per “The Sorrows of Broke” film del quale ci vengono fornite anche alcune immagini originali durante il film e, curiosità ancor più interessante, l’attore che impersona il protagonista ha anche partecipato come personaggio minore nel citato film di Saifu.

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La regia di Degena Yun non è delle più brillanti ed originali, si limita a raccontare una storia a lei cara e lo fa con troppo conformismo lasciandosi andare sovente a forzati clichè della condizione giovanile e a un rispetto troppo evidente per la figura del padre che viene sì raccontato con i suoi difetti ma ne appare sempre sopra le parti, sopra la vicenda stessa.

La sceneggiatura però, sebbene non ci convince il premio come miglior sceneggiatura al Trentatreesimo Torino Film Festival ha dei momenti molto ricchi, ritmati e convinti. Il resto del film appare lento e intimo, non di quell’intimità che poteva essere fiore all’occhiello del film ma quell’intimità propria tra padre e figlia che è il pregio e il limite del film stesso.

“A simple goodbye” in fin dei conti è troppo poco per salutare un parente così importante, una figura così presente nella vita della regista.

Voto: 5,7

Fom per chi? Giovani e adulti

Fom perché? Per uno sguardo sulla malattia terminale di un parente, i rapporti padre e figlia e tutto ciò che può interessare l’affettività famigliare

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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