Recensione in anteprima – Torino 33 (2015) – Conosciuto da noi con il banalissimo titolo “Quel fantastico peggior anno della mia vita”, il film è il vincitore del gran premio della giuria e premio del pubblico al Sundance Film Festival del 2015. Premi meritati per quella che è una cancer comedy divertente e originale. Al cinema dal 3 dicembre.
Greg è un ragazzo di talento ma incapace di relazionarsi con il prossimo. Preferisce sfuggire la profondità nei rapporti e crogiolarsi nella sua eterna adolescenza insieme a Earl, il suo migliore amico, da lui definito solo “collega”. Quando la madre di Greg lo costringe a far compagnia a Rachel, una ragazza del suo liceo malata di leucemia, le barriere emozionali di Greg cominciano lentamente a crollare, lasciando spazio a un’inaspettata maturità.
Vincitore di due premi al Sundance Film Festival 2015 il film è presentato anche al 33° Film Festival di Torino nella sezione “Festa Mobile” e subito rapisce i cuori degli spettatori che affollano la sala e tributano un applauso finale lungo e intenso. E’ un film da Sundance in tutto e per tutto con tutti i molti pregi e difetti del caso. In Italia arriverà il 3 dicembre nelle sale con il bislacco titolo “Quel fantastico peggior anno della mia vita” facendolo pericolosamente assomigliare alle commedie italiane che hanno visto protagonista Fabio De Luigi in “La peggior settimana della mia vita”, “Il peggior Natale della mia vita”. Il film di Alfonso Gomez-Rejon non è neppur lontanamente affiancabile a questo genere di commedie. Qui siamo nei dintorni di un teen movie molto maturo, scanzonato e divertente come una commedia ma che non disdegna approfondimenti seri. In USA le chiamano cancer comedy, quei film come “Colpa delle stelle”, “Cake” ecc…
Alfonso Gomez-Rejon è stato assistente di Inarritu, di Scorsese, ha fatto la gavetta ed è al suo secondo lungometraggio dopo un esordio nell’horror. Qui mescola magnificamente tempi, modi, sentimenti e situazioni. La sua macchina da presa si lascia andare ad inquadrature quasi sempre ricercate, mai banali. Perfetto specchio dei diversi punti di vista dei tre protagonisti l’inquadratura è sovente dal basso o dall’alto e alcune volte si lancia in improbabili diagonali riuscitissime perché legate allo svolgersi dell’azione.
“Me and Earl and the dying girl” è un film potente nella sua libera bellezza della prima parte dove Greg ci introduce alla vicenda in modo molto scherzoso come può esserlo un adolescente della sua età. Un adolescente fintamente e volutamente emarginato consapevole dei suoi limiti ma ignaro delle sue potenzialità di giovane adulto. Le scoprirà grazie alla sincera e solo fintamente forzata amicizia con Rachel oltre alle discussioni di crescita con il suo amico e “collega” Earl.
Il film è una dichiarata “non storia d’amore”, una dichiarata narrazione degli eventi che riguardano Greg ma soprattutto il suo legame con la malata di leucemia e sua coetanea Rachel. La malattia viene affrontata nel film con un discorso che non è mai pesante e ci si concentra di più sull’infinita voglia di vivere dei tre. Il legame coeso e complice che via via si instaura soprattutto tra Greg e Rachel fa risplendere il film di una luce rara nel buio di una situazione che, giocoforza, affatica Rachel ogni giorno di più.
Si ride sovente durante la proiezione e i momenti di commozione, fino alle lacrime non sono pochi. Il film è costruito così, irriverente, fracassone a volte, giovane anche e soprattutto nel dissacrare goliardicamente i titoli di almeno una trentina di famosi film. Greg ed Earl infatti sono “colleghi” nell’avventura di rigirare famosi film con le loro rudimentali tecnologie storpiandone titoli e significato ed ecco che abbiamo per esempio “Il calzino meccanico” invece di “Arancia meccanica” e tanti altri. Un omaggio strano e sentito al cinema nel cinema.
Con una narrazione forse troppo spesso con la voce fuori campo del protagonista e con una sceneggiatura incalzante, interessante e divertente “Me and Earl and the dying girl” è uno dei migliori film per adolescenti recitato da adolescenti e che possa parlare agli adolescenti nel loro linguaggio anche di argomenti seri. A parte un finale un po’ lungo (ma tutti i nodi vengono al pettine come a dire che anche la frase più innocua aveva il suo senso) e abbastanza ruffiano, il film è uno dei migliori della stagione e merita i premi ricevuti. Occhio anche a “quei tre”: Thomas Mann, Olivia Cooke, RJ Cyler, bravissimi e sentiremo i loro nomi in futuro.
Voto: 8,7
Fom per chi? Per adolescenti, giovani e adulti. Le adolescenti adoreranno la parte finale, gli adolescenti un po’ tutto il film ma soprattutto quella iniziale
Fom perché? Per parlare agli adolescenti di cose importanti come la malattia e la maturità con il loro linguaggio sia verbale che cinematografico, sia al cuore che alla mente.