Recensione in anteprima – Presentato al festival di Cannes e presente ad “Alice in città”, sezione all’interno della Festa del cinema di Roma, il film è candidato per la Francia alla selezione del prossimo Oscar in lingua straniera. Una storia al femminile. Una storia di tradizioni da rispettare e che la gioventù delle cinque sorelle unità alla libertà della vita moderna mina fortemente. Un ottimo film con buone possibilità di essere scelto in nomination e di ben figurare. In uscita il 29 ottobre.

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Siamo all’inizio dell’estate. In un remoto villaggio turco Lale e le sue quattro sorelle scatenano uno scandalo dalle conseguenze inattese per essersi messe a giocare, in acqua, con dei ragazzini tornando da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma un po’ alla volta in una prigione, i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola e per loro cominciano ad essere combinati i matrimoni. Le cinque sorelle, animate dallo stesso desiderio di libertà, si sottrarrano alle costrizioni loro imposte.

Capita raramente di rimanere abbagliati non solo dalla storia di un film ma anche dalla sua efficacia nel comunicare emozioni e patimenti dei protagonisti. Questo è il caso di “Mustang”, candidato agli Oscar per la Francia ma ambientato in Turchia. E’ di origine Turca, ma vive in Francia da anni, Deniz Gamze Erguven, la regista di questo gioiello del 2015. Un film che fa luce sulla condizione delle cinque sorelle caratterizzandole ognuna con un’indole non casuale ma soprattutto particolare e verosimile.

Se la scelta della voce narrante non è tra le più originali, infatti è la sorella più piccola Lale che interviene periodicamente a spiegarci alcune scene di passaggio, lo è, invece, per certi versi, l’impatto emotivo di profonda voglia di libertà che buca lo schermo. Sin dalla prima scena, quella dei giochi coi ragazzi nell’acqua, si capisce come la regista abbia studiato nei minimi particolari ciò che vuole trasmettere non soltanto a parole. Allora ecco che il tunnel galleria per la via di casa che le cinque sorelle attraversano in auto con lo zio si trasforma nell’avvio di quella oscurità che cercherà per tutto il film di privare le 5 ragazze di ogni gioia, libertà, aspirazioni per seguire quell’ortodossia dettata dalle tradizioni, dalla religione, dalla consuetudini radicate nel tempo. Per non parlare poi di quella straziante immagine con Lale che dice “E’ stata l’ultima volta che ci ha viste tutte insieme”, un colpo al cuore improvviso.

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Per quanto lo scontro tra il moderno e la tradizione possa sembrare ovvio, in questo caso non è sicuramente scontato e così banale. Le novità di una situazione adolescenziale che nonna e zio delle ragazze cercano di veicolare tra i binari della tradizione sono solo frutto di compromessi che gridano vendetta e soprattutto sincerità verso se stessi. Ognuna con il proprio percorso individuale e allo stesso tempo collettivo, le cinque sorelle cercano la libertà. La più grande Sonay, un’affascinante Ilayda Akdogan, per esempio attraverso il suo amore sincero. Selma, Tugba Sunguroglu (somigliante a una Jennifer Lawrence del primo Hunger Games)  attraverso un matrimonio solo come via di fuga da quella opprimente famiglia, e via via le altre…

La gabbia costruita intorno alle cinque sorelle è sempre più pesante ma sempre più inutile e la bravura della regista ha diretto egregiamente le cinque attrici alla loro prima recitazione in un lungometraggio. Dopo 9 mesi di provini, si legge dalle note di produzione, la scelta è scaturita su quelle che hanno sì tratti fisici turchi ma che appaiono anche occidentali e credibili nella loro emotività.

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Diverse sono le scene “alla tunnel” descritte in precedenza, come camminare con scarpe altrui o dipingersi, mascherandosi, una faccia per un divertimento tipicamente maschile (per quei luoghi). C’è spazio anche per scene di distensione e di divertimento, quasi una commedia in un dramma. Una commedia certamente cercata ma non voluta che mette in ridicolo alcune arretratezze di un ambiente volutamente scelto a distanza di 600 km da Istanbul, agricolo e impervio.

La regista è stata attenta anche a dettagli di produzione quali avvertire delle scene più complicate i genitori delle ragazze, scegliere un’attrice maggiorenne per interpretare Sonay, dettagliare anche scene che per noi occidentali possono sembrare scontate e già “approvate” tipo scene in reggiseno o in costume da bagno. Una precisa visione del film, all’interno del film e anche all’esterno di esso con una chiara consapevolezza di poter far discutere con questa visione totalmente femminile (ma non femminista) del mondo turco o almeno di parte di esso.

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Un ottimo film, diretto splendidamente e recitato con una bravura non comune da attori e attrici alle prime armi come da veterani. Film consigliatissimo e da vedere. Ha buone possibilità di entrare in nomination e, forse, anche di vincere l’ambita statuetta.

Voto: 8,2

Fom per chi?: Per chi vuole avere uno sguardo oltre, verso le altre religioni in un paese vicino ma lontanissimo per cultura e tradizioni dal mondo occidentale. Per adolescenti e giovani

Fom perchè?: Per capire che non siamo soli al mondo, che la nostra visione non è la sola, che gli adolescenti del mondo possono avere problemi diversi con una voglia di libertà condivisibile e sincera

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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