RecensioneDisaster movie alla vecchia maniera con qualche indagine nell’animo dei protagonisti ma giusto un battito di ciglia e si è subito travolti, letteralmente, dagli eventi, dai crolli e dal disastro di sceneggiatura, battute, illogicità di scene anche prevedibilmente banali. Effetti speciali al top al servizio di uno dei film peggiori del genere.

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La faglia di Sant’Andrea si sta animando e il terremoto previsto è il più disastroso di sempre. Un gruppo di sismologi è riuscito a prevederlo e annunciarlo in televisione ma manca troppo poco. Mentre tutta San Francisco cerca di scappare dalla città una famiglia spezzata (genitori divorziati, una figlia deceduta sulle spalle e un’altra in giro per la città) cerca di ricongiungersi all’interno della tragedia, tra scosse, palazzi che crollano e uno tsunami.

La maggiore difficoltà nell’intraprendere un commento di questo film sta nel fatto di capire da quale parte iniziare. C’è l’imbarazzo della scelta. Una scelta tra una miriade di strafalcioni, errori, incongruenze e scene semplicemente illogiche.

Facciamo un passo indietro e inquadriamo il film per quello che è,  cioè un disaster movie a tutti gli effetti, anzi con tutti gli effetti del caso. Annunciati fin dal trailer, osannati, immaginati, presenti fin dall’inizio del film senza lasciarlo mai, gli effetti speciali sono i veri protagonisti del film. Ben fatti, curati ma si fagocitano l’intero film, ne sgretolano la minima sceneggiatura, ne impoveriscono la narrazione puntando solo al sorprendere con mirabolanti trovate, sonore esplosioni, incredibili crolli e devastazioni.

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Se gli effetti speciali funzionano, tralasciando per semplicità di argomentazione la possibilità a livello fisico, quello che non funziona è il raccordo delle stesse con l’intera vicenda. In sostanza gli “effetti normali” non funzionano. La sceneggiatura è talmente ripetitiva e stravista da portare in scena tutti, ma proprio tutti gli stereotipi dei film d’azione del genere: il padre di famiglia tutto muscoli e in questo caso vigile del fuoco (Dwayne Johnson “The Rock”), la moglie in pericolo (un insipida Carla Cugino), la figlia da salvare che è tanto bella quanto stranamente capace (una fascinosa Alexandra Daddario che, ormai praticamente trentenne non è credibile in un personaggio che dovrebbe avere una decina d’anni di meno), il classico bell’inbusto, per l’occasione un po’ nerd come vuole la moda post Big Bang Theory, lo scienzato supermegaportasfiga perché stranamente lui aveva già previsto tutto ma nessuno gli ha voluto dare retta (proviamo pietà e vergogna per il due volte premiato con il Golden Globe Paul Giamatti), la giornalista di turno che ovviamente non può mancare.

In tutto questo polpettone di luoghi comuni e scene viste e riviste, la fortuna dello spettatore è tutta riposta nella presenza dei pochi dialoghi, perché questi molte volte son al limite dell’accettabile. Il regista ci prova a meravigliare con le inquadrature del disastro, ci riesce per 3-4 minuti ma poi la ripetizione la fa da padrona e i passaggi logici minimi tra scena e scena successiva sono quantomeno distratti. Personaggi che appaiono e scompaiono nel nulla, errori di montaggio evidenti con ferite e sporcizia che appaiono e scompaiono, ferite abbastanza gravi che si risolvono in 30 secondi di camminata, materiali da costruzione in un cantiere (e per definizione instabili) che dopo tre scosse di magnitudo mai visto sono perfettamente stabili sui piani inclinati di un palazzo che sta crollando per poi muoversi proprio quando i protagonisti passano,  e tanti altri piccoli ma logici passaggi che vengono meno, insospettendo a più non posso lo spettatore medio che si sente preso in giro perché a tutto c’è un limite.

Vedendo il film mi è sorto però un sogno, il sogno di poter finalmente vedere, in un film, un massaggio cardiaco non dico perfetto ma almeno corretto come anche una reazione corretta allo stesso, solo chi l’ha subito (e si è ovviamente salvato) sa che non ci si riprende in 2 minuti come se niente fosse. Sarebbe buona cosa soprattutto per non aggiungere fantasia in un campo così importante.

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A conti fatti si salva poco di questo film, forse la musica, gli effetti speciali e sonori che la sala Energia del Multiplex Arcadia di Melzo riesce a riprodurre in maniera impeccabile dando quel tocco di bellezza a un film che altrimenti sarebbe da passaggio televisivo del sabato mattina o al limite di una seconda serata estiva.

Più che un disaster movie, questo è un disastro vero e proprio, al confronto gli sceneggiatori di “2012”, film al quale “San Andreas” si vuole rifare in molti punti, sono dei premi nobel della letteratura moderna.

Voto: 3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

3 pensiero su “San Andreas”
  1. i disaster movie non li capisco, sinceramente. Spettacolarizzazione di eventi naturali possibili, è come se i giapponesi facessero un film su un mega Tsunami, immagino la gente a ingozzarsi di pop corn durante la visione.

  2. San Andreas all’inizio pensavo fosse la trasposizione del videogame GTA, data anche la presenza di The Rock (sempre più gonfio); poi ho visto che è un disaster movie, che punta tutto sugli effetti speciali e la solita storia trita e ritrita del padre eroe che cerca di salvare un suo congiunto (insomma una specie di 2012 che vide protagonista John Cusack). Da vedere solo in Dvd o fra un paio d’anni in tv.

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