Recensione in anteprima – Venezia 76 – In concorso – Alla sua prima produzione europea, Hirokazu Kore-eda non sorprende né delude: scelto come film d’apertura della 76a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, “La Verité” è un’opera acuta, brillante e divertente, che non raggiunge l’intensità emotiva dei precedenti lavori del regista giapponese ma si propone comunque come un prodotto piacevole e intelligente. Con una gigantesca Catherine Deneuve. Al cinema dal 3 ottobre.

Una storia di famiglia

Fabienne (Catherine Deneuve) è una star del cinema francese circondata da uomini che la adorano e la ammirano. Quando pubblica la sua autobiografia, la figlia Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi da New York con marito (Ethan Hawke) e figlia. L’incontro tra madre e figlia si trasformerà velocemente in un confronto: le verità verranno a galla, i conti saranno sistemati, gli amori e i risentimenti confessati.

Atteso al varco dopo lo straordinario successo di “Un affare di famiglia”, premiato con la Palma d’Oro al festival di Cannes 2018, il regista giapponese Hirokazu Kore-eda ritorna a Venezia a due anni di distanza dal thriller “The Third Murder” con la sua prima produzione europea: un film girato in Francia, con un cast altisonante composto da tre star come Catherine Deneuve, Juliette Binoche e Ethan Hawke.

Il tema ricorrente

Il tema principale – quello della famiglia – è lo stesso dei suoi lavori precedenti, ma questa volta, più che su dinamiche corali, il regista si focalizza sul rapporto madre-figlia tra Fabienne e Lumir; un rapporto complesso, pieno di nodi da sciogliere, di conti in sospeso e di non-detti, sul quale pesano moltissimo le professioni dei due personaggi (attrice la madre, sceneggiatrice la figlia).

La vera novità, però, sta nell’approccio alla tematica: Kore-eda stempera infatti l’intensità emotiva dei suoi lavori precedenti e utilizza in questo caso un approccio più lieve, ironico, divertente, giocando molto con l’elemento meta-cinematografico, per via del mestiere delle due protagoniste ma anche e soprattutto in virtù dello status di Catherine Deneuve (che, in un certo senso, interpreta se stessa).

Si sorride molto, guardando “La Verité”, soprattutto per l’auto-ironia della Deneuve. Il fattore meta-cinematografico però non è certo fine a se stesso, ma fortemente legato alla trama: non è un caso, infatti, che il film che Fabienne sta girando quando Lumir la va a trovare sia incentrato sul tormentato rapporto tra una madre che vive nello spazio, dove si mantiene sempre giovane, e una figlia che la vede solo ogni sette anni e che invecchia come una persona normale.

Il gioco degli attori

L’attrice che interpreta il personaggio principale, inoltre, ricorda a entrambe una figura importante del loro passato. Vi è dunque un fitto gioco di rimandi interni che rende la sceneggiatura di “La Verité” – originariamente pensata per il teatro – articolata e intrigante, e che permette di riflettere in maniera intelligente sulla sfuggevolezza e la manipolabilità dei concetti di verità e menzogna.

Nulla di particolarmente nuovo, forse: da Kore-eda era lecito attendersi qualcosa di più. Ciò non toglie però che “La Verité” sia un’opera godibile e divertente, brillantemente scritta e interpretata.

Se Ethan Hawke si accontenta di un ruolo secondario e Juliette Binoche funge da solida spalla, la vera protagonista del film è Catherine Deneuve: cinica, arrogante ed egocentrica, ma anche sorprendentemente fragile nella sua orgogliosa solitudine, Fabienne sembra essere cucita addosso alla diva francese, che si pone da subito come una delle principali contendenti per la Coppa Volpi femminile.

Voto: 7

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