Recensione in anteprima – Venezia 76 – In concorso – Settima regia per James Gray, qui anche produttore e sceneggiatore nella sua prima opera di fantascienza. Una prova importante e sfidante che non riesce totalmente cercando di coinvolgere citazioni a grandi film di fantascienza del passato. L’odissea nello spazio di Roy è narrata con un impianto visivo sontuoso e con una ottima colonna sonora. Qualche dubbio sulla sceneggiatura. Nelle sale dal 26 settembre.

In un futuro prossimo

Venti nove anni dopo la partenza di suo padre (Tommy Lee Jones), per una missione di sola andata verso Nettuno alla ricerca di segni di vita extraterrestre, Roy McBride (Brad Pitt) segue le orme paterne. Ingegnere dell’esercito attraversa il sistema solare in cerca di indizi sul fallimento della spedizione paterna, nella speranza anche di ricongiungersi al genitore. Ma lo spazio non lascia indenne il cuore dell’uomo…

E’ la voce di Brad Pitt fuori campo (e quindi del protagonista Roy) che ci accompagna fin dall’inizio del film. Questa voce non lascerà mai lo spettatore. La scelta del regista e sceneggiatore James Gray è ben precisa: Roy è il protagonista della storia e non c’è scena senza di lui. Il punto di vista è sempre quello di Roy. Limitato alla sua vita, alla sua esperienza, al suo lavoro, alla sua avventura, ai suoi affetti, al suo rielaborare il passato.

Della civiltà del tempo ci vengono date solo poche nozioni. Apprendiamo che siamo in un futuro prossimo senza precisare anno, secolo, millennio. L’umanità, senza addentrarci nello specifico di come viva sulla Terra; sarà in grado di costruire un’antenna ancorata al suolo ma alta migliaia di metri fin a lambire lo spazio. La tecnologia, senza nessuna spiegazione, porterà l’uomo a colonizzare (e battagliare) la Luna, creare una base stabile su Marte e razzi spaziali capaci di coprire distanze tra pianeti in poche settimane.

…Ma il film (non) parla di fantascienza

Ho parlato quando avrei dovuto ascoltare. Sono stato duro quando avrei dovuto essere tenero. Ho promesso di essere sincero ma non lo sono stato”

In “Ad Astra” la fantascienza c’è, la vediamo praticamente per tutte le due ore ma non il film non è solo un film di fantascienza. Si tratta sin da subito di entrare in contatto con l’anima del protagonista, con il suo io interiore che ci parla. Si tratta di una vita totalmente concentrata sul lavoro, sulla realizzazione di se stessi con, spesso, fredda partecipazione. Il legame con la moglie (Liv Tyler) è logorato dalla distanza che Roy si prende. Il trauma dell’adolescente lasciato dal padre si fa vivo sempre.

Roy è freddo, non va oltre gli 80 battiti del cuore al minuto nemmeno quando precipita dall’antenna spaziale, nemmeno quando vede andar via la moglie, nemmeno quando parla dei conflitti della società:

Siamo distruttori di mondi”

nemmeno quando parla della meraviglia della Terra vista dal suolo terrestre:

“Mi ha sempre affascinato la grande biglia blu”

E’ una fantascienza che deve molto a “Interstellar”, “2001 Odissea nello spazio”, “Lost in Space”, “Mission to Mars” senza però convincere sia nello svolgimento sia nella realizzazione finale. Non solo esistono evidenti errori come i rumori nello spazio o fantomatiche teorie tramite le quali si possono letteralmente “cavalcare” le esplosioni atomiche ma anche il pathos e l’interesse dello spettatore risulta sempre un po’ freddo e distante.

Quanto non trovato Vs quanto c’era

Le aspettative per questo “Ad Astra” erano abbastanza elevate. Non vengono totalmente disattese ma non vengono centrate nemmeno così bene. E’ ottima la fotografia con forse un’eccessiva presenza di Lens Flare alla J.J. Abrams direttamente derivato da “Star Trek” e risulta molto coinvolgente la colonna sonora.

Il rapporto tra il protagonista Roy e il padre viene ben sviluppato grazie ai flashback e alle informazioni d’archivio così come non meno importante è il rapporto di Roy con la moglie, una Liv Tyler poco presente come numero di scene ma che contribuisce, nella limitata presenza a rendere il personaggio emotivamente legato.

L’interpretazione di Brad Pitt è sicuramente calata perfettamente nel ruolo pur non potendo effettuare una prova memorabile o importante a causa di una sceneggiatura fragile con battute che sfociano spesso nello stucchevole e nella retorica.

Ti sei concentrato totalmente su quello che non hai trovato rispetto a quello che invece avevi davanti agli occhi”

E’ la sintesi di un film che poteva, sulla carta, avere un grosso potenziale che, però si è concentrato totalmente sulla ricerca di emulare i grandi film di fantascienza del passato o recenti senza riuscirci.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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