Recensione in anteprima – Il 5 volte premio Oscar Clint Eastwood torna al cinema non solo come regista ma anche come attore protagonista nella sua ultima performance recitativa. “The Mule” è l’ultima corsa di un uomo in direzione della sua vita non vissuta. Verso gli affetti veri e più cari. Dal 7 febbraio al cinema.

La storia di un fiore

2005. Earl Stone (Clint Eastwood), floricoltore appassionato dell’Illinois, è specializzato nella cultura di un fiore effimero che vive solo un giorno. A quel fiore ha sacrificato la vita e la famiglia, che di lui adesso non vuole più saperne. Nel Midwest, piegato dalla deindustrializzazione. Nel 2017, il commercio crolla e Earl è costretto a vendere la casa. Il solo bene che gli resta è il pick-up con cui ha raggiunto 41 stati su 50 senza mai prendere una contravvenzione. La sua attitudine alla guida attira l’attenzione di uno sconosciuto, che gli propone un lavoro redditizio.

Un cartello poco convenzionale di narcotrafficanti messicani, comandati da un boss edonista e gourmand, vorrebbe trasportare dal Texas a Chicago grossi carichi di droga. Earl accetta senza fare domande, caricando in un garage e consegnando in un motel. La veneranda età lo rende insospettabile e irrilevabile per la DEA. Veterano di guerra convertito in ‘mulo’, Earl dimentica i principi di fiero difensore del Paese per qualche dollaro in più. Ma la strada è lunga.

Earl, in realtà, è tutta una vita che accetta quel che la vita gli dona senza fare troppe domande ma pensando sempre a divertirsi e a raggiungere un livello sempre più alto nel suo lavoro. Questa noncuranza creerà vuoti nella sua vita affettiva.

Affetti non coltivati

Divorziato da tempo, padre assente, marito poco attento, Earl si trova anche senza lavoro. La sua vita passata a prendersi cura e coltivare dei fiori, quindi qualcosa di tradizionalmente fragile diventa, in poco tempo terreno arido dove non cresce più nessun successo.

La situazione peggiora ulteriormente col netto contrasto di una vita affettiva fatta di superficiali ed adulatori incontri senza mai coltivare e curare i rapporti con figlia e moglie. Tutto questo disastroso modo di porsi, con arroganza, nei confronti della vita presenta il conto e lo fa con la paura di chi non sa più il suo ruolo nel mondo.

Diventare corriere della droga, allora, costituisce un’ancora effimera di salvezza. Un’ancora alla quale non si aggrappa solo Earl, si aggrappa tutto il film nella fisicità segnata e affascinante di un Clint Eastwood luminoso. Tutte le rughe, tutti i difetti della pelle, i pochi capelli grigi, la claudicante andatura non costruiscono il personaggio Earl ma danno testimonianza dell’attore Clint.

La sua ultima corsa

Dopo gli innumerevoli viaggi Earl giunge alla sua ultima corsa. Epilogo inevitabile di una vita che presenta sempre il conto delle proprie azioni. Allora ecco anche l’ultima corsa da attore di Clint Eastwood che si fa specchio un po’ della sua vita da attore e, soprattutto da regista.

Ci sono tutti gli elementi tipici della regia, delle convinzioni e del modo di presentare l’America di Clint Eastwood. Con una sostanziale differenza: in “The Mule” il regista sembra prendersi gioco dei suoi detrattori, delle critiche e trova anche il modo di fare una critica ironica a sé stesso.

“sono filippino non messicano”

sono le parole che l’agente Colin Bates (Bradley Cooper) si sente dire da un indagato che, attraverso gli stereotipi fisici e comportamentali in alcune zone degli USA, viene scambiato per uno “sporco trafficante messicano”. E’ l’America che non sa comprendere le differenze, l’America razzista che cataloga tutti e discrimina attraverso la provenienza e l’apparenza.

A poco meno di 90 anni Clint Eastwood firma una regia impeccabile, un testamento (in)volontario delle sue opere, un’ultima importante citazione del suo genio artistico. “The Mule” integra la statutaria interpretazione di Clint con un buon cast di attori, una sceneggiatura precisa, delle scene da road movie da tramandare ai posteri. Non a caso è presente, come Iris, figlia di Earl, la stessa figlia del regista Alison Eastwood.

Voto: 7,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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