Recensione in anteprima – Esce al cinema la versione italiana di “Lui è tornato”, film  finto documentario tedesco che ipotizzava il ritorno di Hitler nella Germania dei nostri giorni. Per l’Italia, si tratta del ritorno di Benito Mussolini. Al cinema dal 1° febbraio.

(recensione grazie all’inviato di Cuore di celluloide)

“Anche allora, all’inizio, ridevano.”

La Storia ci ha insegnato che le peggiori tragedie che hanno travolto l’umanità sono quasi sempre nate dalla poca importanza data agli eventi che ne sono stati forieri. Una di queste ha visto noi Italiani assoluti protagonisti: la Dittatura, nota anche come il Ventennio Fascista, generata dalla scellerata elezione a capo del Governo di Benito Mussolini, meglio conosciuto come il DVCE. “Quando c’era LVI i treni arrivavano in orario”, “Quando c’era LVI funzionava tutto alla perfezione”, “Quando c’era LVI… ecc ecc”. Quante volte abbiamo sentito queste argomentazioni da chi, nostalgicamente, sperava (e spera ancora, si presume) in un ritorno al potere di una figura parimenti autoritaria a quella del Duce, come la soluzione di tutti i mali, magari non sapendo veramente cosa si nascondeva dietro a tutta quella propaganda patriottica e populista, ma solo perché il nonno o qualche conoscente gli aveva raccontato che “Quando c’era LVI…”.

Ebbene, “Sono tornato”, film diretto da Luca Miniero, rende reale questo ritorno di Benito Mussolini che molti, forse troppi, in Italia, si augurano avvenga. La pellicola, remake italiano del film di teutonica stirpe “Lui è tornato”, a sua volta tratto dall’omonimo romanzo scritto da Timur Vermes, dove Lui è Adolf Hitler, dipinge incredibilmente bene quella che è la reale situazione italiana a livello di social network, televisione e pensiero del cosiddetto “Uomo della Strada”.

Interpreti principali di “Sono Tornato” sono Frank Matano, nel ruolo di Andrea Canaletti, un aspirante regista documentarista di un’emittente televisiva italiana, MyTV, e Massimo Popolizio, nei panni di Benito Mussolini, il quale si ritrova letteralmente catapultato dall’Oltretomba a Roma, la Roma multietnica dei giorni nostri, attraverso un portale ultraterreno che riporta in vita le anime che si trovano a girovagare nei suoi pressi, in questo caso, un mini sito archeologico posto in un giardinetto del Rione Esquilino a Roma, più precisamente in Piazza Vittorio Emanuele II. Il caso vuole che in quella stessa piazza Canaletti stia girando un documentario sull’integrazione degli immigrati in Italia, filmando dei ragazzini impegnati in una partitella a calcio. Scambiando inizialmente il vero Benito Mussolini per un sosia e notando la grande simpatia generata da questo bizzarro “attore” nella gente per strada (selfie a gogo e saluti romani come se piovessero), Canaletti pensa ad un documentario on the road in giro per l’Italia con il Duce e decide di proporre questa sua idea alla TV per la quale lavora.

Si scontrerà inizialmente con la riluttanza dell’aspirante direttore Leonardi (Gioele Dix) ma troverà assoluta compiacenza nella neodirettrice di rete Katia Bellini (Stefania Rocca). Il Duce, invece, è deciso a riprendersi l’Italia, approfitterà della tv per aumentare il consenso nei suoi confronti e raggiungere il suo obiettivo.

Sebbene “Sono tornato” sia praticamente una fotocopia di “Lui è tornato” (scene e dialoghi pressoché identici a quelli dell’originale), il film diretto da Luca Miniero appare molto più coerente con la realtà di appartenenza rispetto a quello diretto dal tedesco David Wnendt, o almeno agli occhi degli italiani che avranno visto entrambe le pellicole, per il semplice motivo che ciò che si vedrà in “Sono tornato” è ciò che realmente vediamo, sentiamo, leggiamo tutti i giorni per strada, in tv, su internet e sui giornali. Moltissimi italiani sono talmente esausti di quel circo che è l’attuale classe politica del Paese da essere disposti persino a sottostare ad una dittatura. Come dichiarato dallo stesso Frank Matano, le interviste inserite in “Sono tornato” sono assolutamente reali, non essendo gli intervistati attori o figuranti, ma persone incontrate per strada.

E le dichiarazioni rilasciate da queste persone giungono tutte alla stessa, drammatica, conclusione: un ritorno del Duce non sarebbe affatto visto in maniera negativa. Non si tratta, quindi, di un film comico, pur essendo classificato come tale. Perché “Sono tornato”, sebbene sia caratterizzato da una forte vena comica e contenga numerose gag sparse su tutta la pellicola, finisce proprio come si teme finirebbe se una figura come quella del Duce tornasse veramente. Il film riporta in vita il protagonista (o il responsabile) di uno periodi più bui della nostra storia, da studiare molto approfonditamente affinché non si ripeta, nonostante molti si augurino il contrario. I riferimenti alla TV e alla Politica italiana di oggi sono puramente voluti e non casuali e, in alcuni casi si fanno pure nomi e cognomi (film scomodo, dunque). Sarà curioso assistere alle reazioni dei diretti interessati, soprattutto ora che siamo in piena campagna elettorale.

“Sono tornato” si rivela una pellicola ben girata e ben recitata (e vi è una parte, intorno alla metà del film, in cui si trattiene a stento la commozione, da quanto è coinvolgente e intensa) che supera di gran lunga il suo omologo tedesco sulla figura di Hitler, molto meno curato sia esteticamente che nella sua sostanza.

La cosa più sconvolgente di questo film è il fatto che si abbia quasi un rimorso di coscienza per ogni risata che Matano e Popolizio strappano allo spettatore, perché “Anche allora, all’inizio, ridevano” o, per essere più chiari, su certe cose l’ultima cosa da fare è riderne.

La speranza è che il film venga visto non con occhi “nostalgici” ma come un film che induca ad una seria riflessione sulla società sia civile che “mediatica” italiana di oggi e sugli effettivi rischi di una “What if story” di tale portata.

Voto: 8

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