Recensione in anteprima – Più volte rimandato “Heidi”, il film, arriva finalmente anche in Italia il 24 marzo 2016. Il personaggio inventato da Johanna Spyri vede per la prima volta il buio della sala con, tra i protagonisti, Bruno Ganz e Anuk Steffen in una coproduzione svizzero-tedesca.

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Quando la zia Dete porta Heidi (Anuk Steffen), rimasta orfana molto piccola, nella baita del burbero e anziano nonno (Bruno Ganz), tutti i conoscenti e gli amici cercano di dissuaderla: il vecchio dell’Alpe è malvagio, senza cuore, si dice che abbia perfino ucciso un uomo. Ma a dispetto di ciò che tutti pensano, qui Heidi passa i giorni più felici della sua infanzia con il nonno e con Peter (Quirin Agrippi), il ragazzino con cui tutte le mattine la bimba va a portare le capre al pascolo. Dopo non molto però, la zia Dete ritorna per portare la bambina a Francoforte, nella casa di un ricco signore che cerca una piccola compagna di giochi per sua figlia Klara (Isabelle Ottmann), costretta sulla sedia a rotelle. Qui Heidi potrà imparare a leggere e scrivere e a comportarsi da vera signorina, sotto il vigile e severo sguardo della signorina Rottenmeier. La piccola instaura con Klara un’amicizia molto forte, ma più forte ancora è la nostalgia delle montagne, che non si vedono neanche dal campanile più alto della città.

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Non credo che esista bambino o adulto che non conosca la storia di Heidi: dai romanzi di Johanna Spyri, al film con Shirley Temple, alla serie animata giapponese degli anni settanta (che va ancora in onda) tutti hanno avuto occasione di imbattersi nella piccola e scatenata ragazzina che vive tra le montagne. Ammetto di essere stata, da bambina, un’avida collezionista di videocassette della serie e quindi abbastanza esperta. Quando ho sentito che sarebbe uscito un live action non sapevo se esserne felice o seccata, mi chiedevo se fosse davvero necessario. Dopo aver visto il film, il dubbio rimane: se secondo il regista Alain Gsponer e i produttori Lucas Hobi e Jakob Claussen il punto forte della pellicola è la sua fedeltà ai romanzi e il suo rendere giustizia alla vera Heidi, la cui immagine “è stata spesso usata male”; allora perché è tutto così simile all’anime di Miyazaki? Perché avevo l’impressione di averlo già visto?

La differenza la fanno i dettagli, piccoli ma importanti, direbbe Gsponer: “la cosa interessante è che la gente dei Grigioni mi ha spesso detto: noi non indossiamo dirndl” (per intenderci il costume tradizionale di alcune zone di Tirolo, Svizzera e Germania) “e non facciamo lo yodel”. L’obiettivo era quello di mostrare come Heidi non fosse banalmente il racconto di una bambina felice, ma bensì il dramma di un’orfanella. In effetti i romanzi della Spyri sono storie senza tempo proprio perché trattano di temi ancora attuali, come la ricerca del proprio posto nel mondo e della propria identità; il rapporto dell’uomo con la natura; le questioni di povertà e analfabetismo.

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Il film, in uscita il 24 marzo, guadagna qualche punto grazie agli scenari e alla colonna sonora, che insieme ci trasportano in paesaggi incontaminati (ricreati con ritocchi di post produzione, perché ormai in Svizzera non esiste più alpeggio che non sia elettrificato) con un abbondante dose di nostalgia.

Da vedere? dipende: sì se avete apprezzato i libri, o la serie animata, o una delle altre trasposizioni cinematografiche, e soprattutto se siete amanti della tradizione; no se vi aspettate qualcosa di diverso, colpi di scena, risvolti inaspettati, o sviluppi nella storia già conosciuta.

Voto: 6

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