Recensione in anteprima – Venezia 76 – in concorso A herdade è il racconto di cinquant’anni di storia portoghese vissuta attraverso le vicende di una grande famiglia residente in una fattoria fuori Lisbona. Tiago Guedes si propone in concorso con quello che a priori poteva sembrare un film epocale (paragonabile a Novecento di Bertolucci) mentre a posteriori si è dimostrato solo un tentativo non completamente riuscito.

La vita e la decadenza di un uomo

João Fernandes (Albano Jerónimo) è un ricco proprietario di una tenuta familiare ereditata dal padre e gestisce i rapporti familiari e lavorativi con severità e freddezza. L’origine del temperamento del protagonista ci viene mostrata nella scena d’apertura, nella quale al giovane João viene impartita una dura lezione dal padre.

Insieme alla spalla Joaquim (Miguel Borges), egli tiene le redini della proprietà, dovendo affrontare questioni politiche scomode, alle quali João voleva restare estraneo.

L’evoluzione del film segue le mutazioni della famiglia Fernandes, della famiglia di Joaquim e dei lavoratori della fattoria. Tutte le parti sono coinvolte in intrecci familiari e in un contesto politico che condiziona le azioni e i pensieri delle persone coinvolte.

Il carismatico e freddo -a tratti apatico- protagonista vivrà sulla propria pelle le conseguenze dei propri errori e delle proprie mancanze, soprattutto affettive. L’intera opera può essere letta come una lunga indagine delle cause alla base di comportamenti dubbi e scelte errate.

Un’indagine a volte poco profonda e lucida

L’analisi sociopolitica dell’opera non decolla mai. Sia la richiesta da parte del governo di appoggio nei confronti di João che la rivoluzione proletaria conseguente non sono completamente affrontate nella scrittura, spesso rimangono infatti solo fondale di questioni strettamente familiari.

Ambientata in anni di cambiamenti storici per il Portogallo, la narrazione avrebbe potuto affrontare meglio le questioni. La rivoluzione dei garofani incide collateralmente nella vita dei personaggi, conquistando 10 minuti di scena e nulla più. Il film ha una durata di 164 minuti, che non pesa eccessivamente allo spettatore, ma che si poteva gestire in maniera differente. La soluzione migliore, visto lo scopo dell’opera, sarebbe stata quella di aumentarne la durata, anche a tre ore, ma drasticamente cambiandone la scrittura, affrontando diversamente lo sconvolgimento degli equilibri politici e la loro influenza sulla piccola realtà considerata.

Quadro storico o telenovela?

Nonostante le molte vicissitudini familiari e i vari intrecci, il film non scade nella telenovela, sebbene il limite non sia così ben marcato. Purtroppo, non raggiunge neanche lo scopo che sembra si fosse prefissato; infatti non riesce a  cogliere il sentimento politico di alcun periodo di cambiamento portoghese, limitandosi ad essere un discreto lavoro. Perfettibile.

Voto: 6

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