Recensione in anteprima – Il regista più controverso del panorama cinematografico mondiale torna al cinema con la sua ultima, discussa opera. Lars Von Trier infatti, presenta anche nelle sale italiane “La casa di Jack”, una cruenta e psicopatica storia di un assassino senza scrupoli che racconta 5 dei suoi omicidi a un fantomatico Virgilio. Nei panni di quest’ultimo, il recentemente scomparso Bruno Ganz. Al cinema dal 28 febbraio.
Usa Anni ’70. Jack (Matt Dillon) è un serial killer dall’intelligenza elevata che seguiamo nel corso di quelli che lui definisce come 5 incidenti. La storia viene letta dal suo punto di vista che ritiene che ogni omicidio debba essere un’opera d’arte conclusa in se stessa. Jack espone le sue teorie e racconta i suoi atti allo sconosciuto Verge (Bruno Ganz) il quale non si astiene dal commentarli.
Le versioni del film
Lars Von Trier è un regista alquanto particolare sia nella forma sia nei contenuti delle sue opere. Anche “La casa di Jack” fa fede a questa provocatoria e disturbante visione del mondo del regista. Un mondo pieno di odio e di istinti umani dei più deleteri e scabrosi.
Dopo essere stato presentato a Cannes nel 2018, “La casa di Jack” arriva finalmente anche nelle sale italiane. Ciò che arriva sui grandi schermi italiani presenta due versioni. Una in lingua originale e senza tagli e l’altra in italiano con tagli sulle scene più cruente e violente. Entrambe le versioni presentano il divieto di visione ai minori di 18 anni.
A Cannes, durante la proiezione, alcuni (un centinaio) hanno preferito abbandonare la sala. Con Lars Von Trier alla regia non si può che approcciarsi al film con grandi aspettative qualora si apprezzi il lavoro del regista danese, oppure con circospezione mista a timore per l’inusuale uso della cattiveria umana.
L’architetto e l’ingegnere
Il Jack del titolo, protagonista della storia, è un ingegnere con manie ossessivo compulsive. Estremamente instabile nelle relazioni e negli umori ha una ferrea convinzione in alcuni suoi dogmi. Persino la sua carriera lavorativa è sottoposta ad autocritica.
“L’architetto scrive la musica, l’ingegnere suona la partitura”
Profondamente amareggiato e disturbato dal non essere diventato architetto, sfoga la sua competenza e ammirazione per l’architettura nella creazione della sua casa ideale in un appezzamento di terra recentemente acquistato.
Quella continua creazione e distruzione della sua dimora simboleggia l’estrema difficoltà del protagonista di costruire la sua dimensione, la sua essenza nella vita di tutti i giorni. Sconosciuto a sé stesso asseconda la sua natura di assassino raccontando a un fantomatico Verge (Virgilio) 5 dei suoi omicidi definiti degli incidenti.
La varietà di questi eventi così crudeli e crudi è ampia. Dalla situazione casuale all’omicidio premeditato al fine di creare un quadro (forse l’episodio più impressionabile e scabroso). Dall’omicidio passionale al freddo calcolo sperimentale. Una varietà che dimostra l’efferatezza di jack e la sua organizzazione.
La vera natura della foto
“La vera natura della foto la si incontra nel negativo”
Jack uccide e si compiace di quanto crea attraverso quell’omicidio fotografandone il risultato. Un’altra ossessione del protagonista riguarda la sua ossessione per la pulizia. Jack pulisce la scena del crimine in modo compulsivo e ossessivo.
Attraverso il racconto dei 5 omicidi Lars Von Trier si sofferma, ancora una volta, sulla natura maligna dell’uomo. Ogni omicidio viene intervallato e pervaso dal dialogo continuo, fuori campo, tra Jack e Verge. Il punto di vista è sempre quello di Jack. Il regista inserisce anche molte spiegazioni, abbastanza lunghe, per giustificare o spiegare, eventualmente smontare le motivazioni di ogni singolo omicidio.
Si tratta di citazioni storiche, sopratutto artistiche e architettoniche. Dagli archi a volta alla “teoria della luce dei lampioni”, dalle immagini del periodo nazista alla costruzione delle cattedrali, ecc. Un film eccessivamente ricco di nozioni, di spiegazioni e di intuizioni che rendono “La casa di Jack” una visione cinematografica interessante, coinvolgente e affascinante.
Non c’è solo un ottimo Matt Dillon in un interpretazione difficile ed estremamente schizofrenica. Abbiamo anche un intreccio di sceneggiatura molto ben costruito anche se appesantito (con proverbiale ironia sottolineata da un insofferente Verge) da verbose spiegazioni.
“La casa di Jack” rappresenta anche una delle ultime (se non l’ultima) apparizioni dello scomparso Bruno Ganz.
Voto: 7,4