Recensione in anteprima – Mary Poppins torna al cinema dopo più di 50 anni dal suo trionfale esordio del 1964. Tratto dal secondo libro sempre di P.L.Travels, la fantasia si mescola al reale nuovamente sul viale dei ciliegi 17 e dintorni. Un sequel molto più vicino al remake che appassiona, intenerisce, commuove e diverte. Non esiste però una nuova “supercalifragilistichespiralidoso” e per quanto Emily Blunt sia perfetta, Julie Andrews è inarrivabile. Al cinema dal 20 dicembre.

Londra, negli anni della crisi economica tra le due guerre. Nella casa della famiglia Banks ora vive Michael (Ben Whishaw), adulto, e vedovo da un anno, con tre figli a cui badare: John (Nathanael Saleh), Annabel (Pixie Davis) e Georgie (Joel Dawson). Per loro, ha rinunciato alla passione per la pittura ed è entrato in banca, come suo padre prima di lui. Ma ora la stessa banca, inclemente, reclama la casa, i soldi per riscattarla non ci sono e Michael non sa a chi votarsi. Il tempo è maturo perché Mary Poppins (Emily Blunt) cali dal cielo aggrappata al suo ombrello e torni ad occuparsi dei piccoli e dei grandi Banks, in viale dei Ciliegi numero diciassette

Il (non) sequel che (non) si fa remake

Rob Marshall torna al cinema dopo oltre 4 anni e dirige il suo sesto lungometraggio. Un film impegnativo per l’eredità che una pellicola come “Mary Poppins” può portare con sé. Il primo “Mary Poppins” è datato 1964, gli anni in cui la Disney deve la sua specializzazione in commedie dal forte contenuto fantasioso con un target preciso: bambini e famiglie.

Anche “Il ritorno di Mary Poppins” ha questo preciso scopo: far passare un paio d’ore al cinema alle famiglie con bambini. E lo fa, manco a dirlo, in maniera divertente, affascinante e con quel pizzico di nostalgia per un’età anagrafica e un periodo storico durante i quali si poteva essere più spensierati e semplici.

Quello di Rob Marshall non è un sequel vero e proprio. La storia segue cronologicamente gli avvenimenti del primo film a circa 20 anni di distanza, nei primi anni ’30 sempre a Londra dove la fa da padrone, più del film originale, il grande orologio Big Ben. Il sequel però assomiglia più a un remake con cambio dei protagonisti e il personaggio di Mary Poppins attorno al quale gira tutta la vicenda ricalcando un po’ le esperienze fantastiche del film degli anni ’60.

Emily Blunt praticamente perfetta sotto ogni aspetto

Mentre Julie Andrews è stata la

“Mary Poppins praticamente perfetta sotto ogni aspetto”

Emily Blunt invece è lei, l’unica probabilmente, praticamente perfetta sotto ogni aspetto. Con l’enorme compito di non far rimpiangere l’inarrivabile Julie Andrews, l’attrice londinese interpreta una Mary Poppins straordinaria per eleganza, classe, portamento, carisma e quella velata somiglianza interpretativa con l’originale.

Nel 1964 Julie Andrews era al debutto cinematografico e ora rappresenta una leggenda vivente per l’importanza che poi ha avuto nella cinematografia mondiale degli anni ’60 e ’70 non soltanto nei musical raccogliendo riconoscimenti e premi come nessuna prima (e dopo) di lei. Qui Emily Blunt giunge al musical con una già buona carriera artistica alle spalle impegnandosi con ottimi risultati nella sua interpretazione più difficile.

Da supercalifragilistichespiralidoso a una stupendosa idea

“Il ritorno di Mary Poppins” soffre un po’ la non riconoscibilità a lungo andare delle sue canzoni principali. Il film del 1964 si basava infatti su due, tre motivetti ripetuti e orecchiabili che sono sopravvissuti fino a noi e, probabilmente, verranno ricordati per molti altri anni a venire. Malgrado si cerchi, per tutto il film di caratterizzare ogni personaggio con una musica riconoscibile e che possa rimanere, non esiste una “supercalifragilistichespiralidoso” o un “Spazzacamin” da poter cantare e ricantare all’uscita dalla sala.

Il film di Rob Marshall è una stupendosa idea, un incredibile viaggio nella fantasia con un problema concreto e fin troppo moderno al quale dover porre rimedio. Viene introdotto, questa volta una sorta di cattivo, suo malgrado. Di un doppiogiochista e refrattario individuo che simboleggia la crescente avidità umana che poco lascia alla fantasia. Un Colin Firth impeccabile nella sua figura inglese con panciotto e orologio da taschino.

Questo viaggio fatto di canzoni, balletti, vastissimi mondi sommersi in una vasca da bagno e mondi sconfinati in un vaso di porcellana costituisce una prova per i tre bambini.

“Michael chiudi la bocca non sei un merluzzo”

E’ un bel ritorno all’età dell’innocenza da parte di Michael e sua sorella Jane. I due non hanno dimenticato Mary Poppins ma faticano a ritrovare quella spensieratezza e voglia di allegria tipica dei Peter Pan ormai cresciuti.

“Il ritorno di Mary Poppins” è quanto ci si può aspettare da un classico film Disney per famiglie. Un film dove la musica spadroneggia attraverso l’immancabile banda e i suoi fiati. I bei sentimenti troneggiano, le buone maniere trionfano e la computer grafica permette un’immersione (nel vero senso della parola) nell’avventura ancor più coinvolgente che in passato.

Completa il film un gruppo di apparizioni ben incastrate nella storia. Dal Dick Van Dyke già presente e indimenticabile “Bert” del film originale alla tenerissima Angela Lansbury passando per la sbalorditiva Meryl Streep. Un film da vedere anche per risollevarsi un po’ e guardare il quotidiano da una prospettiva diversa e più leggera.

Voto: 7,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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