Recensione in anteprima – Venezia 75 – In concorso – Dal regista David Oelhoffen, un polar solido e godibile, che risente però di un’eccessiva convenzionalità.
La storia
Nati e cresciuti in una periferia in cui domina la legge del narcotraffico, Manuel e Driss erano come fratelli. Da adulti però finiscono per prendere strade opposte: Manuel ha scelto di abbracciare la vita del criminale, Driss l’ha rinnegata ed è diventato un poliziotto.
Quando il più grande affare di Manuel va storto, i due uomini si incontrano di nuovo e si rendono conto che entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro per sopravvivere nei loro mondi. Nonostante l’odio, fra tradimenti e rancori, riscoprono l’unica cosa rimasta a unirli nel profondo: l’attaccamento viscerale al luogo della loro infanzia.
Un solido prodotto di genere che pecca di eccessiva convenzionalità
Non sono mancati i film di genere, quest’anno, alla Mostra del Cinema di Venezia. A questa categoria appartiene anche il nuovo film di David Oelhoffen: un robusto polar basato su uno dei più classici cliché del genere, ossia il burrascoso rapporto, sempre in bilico tra l’affetto e la rivalità, fra due amici che hanno preso strade antitetiche. Driss lavora per la Narcotici, Manuel per un narcotrafficante, eppure entrambi condividono le stesse radici: un legame, il loro, che li spinge ad allearsi e a fidarsi l’uno dell’altro nonostante operino su fronti opposti.
Il loro mondo è quello delle periferie francesi, ed è proprio nelle descrizioni degli ambienti, nell’assoluto realismo con cui sono ritratti, nell’assenza di qualsivoglia forma di spettacolarizzazione, che risiedono i pregi maggiori della pellicola di Oelhoffen.
Che soffre però di un’eccessiva convenzionalità sul piano narrativo: l’intreccio, per quanto godibile e appassionante, poggia infatti su temi (l’esaltazione dell’amicizia maschile) e situazioni (scambi di droga, agguati, tradimenti, ribaltamenti di alleanze) piuttosto risaputi, che ricordano molto da vicino, per esempio, il cinema di James Gray (si pensi a opere come “Little Odessa” o “I padroni della notte”), soprattutto per quanto riguarda la dimensione “da quartiere” del racconto.
E anche i due protagonisti, nonostante gli sforzi di due validi interpreti come Reda Kateb e Matthias Schoenaerts, rimangono figure piuttosto canoniche (volenteroso poliziotto proveniente dal basso il primo, spacciatore duro ma dal cuore d’oro il secondo).
L’esito
Di buono restano l’atmosfera dolorosa e disincantata, la regia secca e nervosa, il ritmo teso dall’inizio alla fine. E non è poco. La sensazione finale, però, è che si potesse osare qualcosa di più per elevare il film al di sopra delle tante altre pellicole di genere a cui assomiglia: “Frères Ennemis”, invece, si accontenta di essere un prodotto nella media.
Voto: 6,5