Recensione in anteprima – Terzo capitolo dei film dedicati alla Bridget internazionale. Si torna  con dietro la macchina da presa la regista Sharon Maguire, quella del primo episodio. Risate molte, originalità poca, ma è giusto così. In sala dal 22 settembre.

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Bridget è più magra, più professionale, più sicura di sé e soprattutto più vecchia, quando spegne in pigiama, sola in casa, la candelina del suo quarantatreesimo compleanno. L’amica Miranda la trascina allora in un weekend di musica, alcool e programmatico sesso occasionale, dove Bridget s’imbatte, in maniera a suo modo romantica, nell’aitante Jack. Il weekend dopo, invece, è la volta di Mark Darcy, mai dimenticato, e ora incrociato sulla via di un altro divorzio, pronto al ritorno di fiamma. È così che Bridget Jones si ritrova felicemente incinta, senza certezze rispetto a chi possa essere il padre: Jack o Mark? Ognuno a proprio modo, i due uomini accompagnano la pasticciona verso il termine della gravidanza e il misterioso responso.

Si cambia tutto per non cambiare niente, questo avranno sicuramente pensato i produttori per riportare, dopo tredici anni dal successo una nuova avventura di Bridget Jones al cinema. Nel frattempo c’è stato quel secondo capitolo “Che pasticcio Bridget Jones” un po’ controverso e stanco.

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Si cambia tutto per non cambiare nulla risulta quindi la formula vincente in un film dove molto è cambiato ad iniziare da un membro del terzetto. Non c’è più Hugh Grant, al suo posto Patrick Dempsey. Un rinnovamento non proprio voluto ma azzeccato e ottimamente gestito. Non abbiamo più la Bridget impacciata e remissiva, impaurita e timida, la nostra eroina è ormai in carriera, una donna affermata ma la prima scena ci racconta tutt’altro e allora parte il deja vu, il già scritto, il già raccontato…. non è cambiato in realtà nulla: Bridget è la nostra pasticciona preferita. La regista lo sa, ci gioca e il pasticcio, quello divertente, è un continuo equilibrio di battute e sotterfugi, di situazioni a tre che creano imbarazzo e allegre leggerezze.

Sharon Maguire riprende in mano quella che è stata anche la sua creatura e fa esattamente quello che il pubblico, soprattutto le donne, si aspetta di vedere. Nella maniera più ruffiana possibile, con garbo sicuramente ma con la sensazione, a fine proiezione, di essere stati presi in giro.

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Nonostante i chili di plastica facciale (e il conseguente abbrutimento), Renée Zellweger sembra essere a suo agio nei panni di Bridget Jones, come detto perfettamente incastrato il nuovo arrivato Patrick Dempsey e integerrimo nell’essere un inglese di sua maestà più perfetto possibile Colin Firth.

Tutto secondo previsioni anche i colpi di scena orchestrati. Non meravigliano ma non danno fastidio, come detto son lì per essere scovati ancor prima di pensarli. Si aggiunge molto alla storia di Bridget e si aggiunge poco invece all’originalità dei passaggi, alle inquadrature, all’approfondimento delle situazioni. Non è il film adatto certamente, ma essere così volatile giova solo se si ha in mente di passare un paio d’ore di sana allegria.

Voto: 6,1

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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