Protagonista e regista, Alessandro Siani fatica a distaccarsi dalla favoletta. Il miracolo non riesce (anche se lo sarà al botteghino) e il tentativo di portare tradizioni e usanze rurali in una visione cinematografica moderna riesce solo a tratti. Divertimento e risate ma niente di più.
Fulvio (Alessandro Siani) è un tagliatore di teste senza scrupoli ma a sua volta viene licenziato. La sua reazione non è composta né educata ed è penalmente punibile. E per recuperare questa malefatta viene mandato nella casa famiglia gestita da suo fratello Don Germano (Fabio De Luigi). Don Germano è prete di una parrocchia disastrata dove ci sono pochi soldi ed è costretto a chiudere. Fulvio, che è un manager, capisce che ci vuole un miracolo. E quindi si opera per costruire questo miracolo. (wiki)
Alessandro Siani cerca di ripetere, con questo film, il successo de “Il principe abusivo” di un paio di anni fa. Comico, attore teatrale, cabarettista, autore, scrittore, cantante, regista, Siani è artista a tutto tondo e in questa sua seconda opera non tradisce le sue capacità di uomo di spettacolo capace di far ridere. Il tutto finisce purtroppo lì, non è poco per la commedia italiana che troppo spesso fa solo sorridere e molte altre volte non fa ridere affatto. Le battute comiche e divertenti si basano su giochi di parole sfruttando chiaramente il dialetto e la parlata partenopea con espressioni e situazioni che strizzano l’occhio al passato, al Troisi di affettuosa memoria.
L’intera vicenda però richiama in molti punti uno svolgimento più da commedia teatrale che da lungometraggio sul grande schermo ricorrendo a temi, incomprensioni, situazioni che diverse volte sono stati trattati su un palcoscenico. Il film rimane quindi leggero, superficiale, facile alla risata anche grazie alla complicità dei bambini, insieme a Siani veri veicoli comici della sceneggiatura. Ma il “one man show” messo in atto dal regista, infatti è lui l’unico vero mattatore del film nel bene e nel male, non giustifica personaggi principali piatti e situazioni comiche convincenti ma plafonate. Il talento di attori quali Fabio De Luigi e Serena Autieri viene poco sfruttato e incasellato in personaggi che sono privi di personalità. Vengono così allo scoperto personaggi minori che si incastrano bene ma che non sostengono e non possono farlo, il film che man mano si lascia andare, si sfilaccia.
Una nota positiva, che dovrebbe far pensare non solo Siani ma anche gran parte dell’intera industria cinematografica italiana, è rappresentata dalla struttura messa in piedi per la storia d’amore. Una storia non banale ma che sfrutta anche qui situazioni già viste come la cecità di Chiara e la goffa reazione di Fulvio che pian piano, grazie al sentimento si trasforma in spicchi di poesia. Una piccola luce in una sceneggiatura poco attenta e che lascia più di qualche interrogativo nella parte finale pasticciata e sbrigativa.
La regia è sicuramente attenta ai particolari, il ritmo non manca, i paesaggi che fanno da scenografia a tutto il film son ben inquadrati e valorizzati riportando allo spettatore una sorta di nostalgia per le cose semplici e naturali. Un film che funziona, funzionerà molto al box office, ma che deve essere un punto di partenza per Siani in modo da distaccarsi ancor più dal suo solito personaggio, dal suo essere protagonista indiscusso del film. Questo potrà dare alle sue opere una maggiore vita ed evitare che, nel corso degli anni, succeda quanto successo per altri comici troppo ripetitivi nelle loro opere.
Voto: 6