Recensione in anteprima – Creato nel 2009 da Markus Persson, sviluppato nel 2011 da Mojang Studios, ora nell’orbita Microsoft, Minecraft ha spopolato come gioco divenendo il più venduto della storia su molteplici piattaforme. Nel 2025 approda al cinema con un film che vuole interessare solo i fan e i giocatori mettendo troppo in secondo piano sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi. Al cinema dal 3 aprile.
La storia
Quattro improvvisati avventurieri – Garrett “The Garbage Man” Garrison (Jason Momoa), Henry (Sebastian Hansen), Natalie (Emma Myers) e Dawn (Danielle Brooks) – sono alle prese con problemi quotidiani quando vengono improvvisamente trascinati, attraverso un misterioso portale, nell’Overworld: un bizzarro paese delle meraviglie cubico dove regna l’immaginazione. Per far ritorno a casa, dovranno imparare a padroneggiare questo mondo (e proteggerlo dalla minaccia di Piglins e Zombie) mentre intraprendono una magica missione affiancati da Steve (Jack Black), un esperto e inaspettato ‘costruttore’ del posto.
Il film è un adattamento cinematografico che, nonostante le sue promesse, pone in evidenza sia punti di forza sia debolezze significative. La storia si basa su questi cinque outsider e benché sia interpretato da un cast degno di nota, dimostra tutti i suoi limiti di sceneggiatura. Il passaggio tra una scena e l’altra verso l’obiettivo finale non ha spesso una logica. Non ci sono elementi originali su cui porre l’attenzione e la motivazione che muove tutto l’intreccio risulta banale, prevedibile e poco interessante.
Il “come” nel Jumanji da retromania
“Un film Minecraft” si avvale di CGI e umorismo come suoi punti di forza. L’umorismo funziona grazie alle performance di Jack Black e Jason Momoa. Al primo viene lasciata tutta la libertà possibile, anche oltre film quali “Jumanji” o “School of Rock”. La sua è una performance che spesso va troppo oltre quasi come se Jared Hess, il regista, non si sia interessato della sua direzione. Inoltre la sceneggiatura non caratterizza adeguatamente i personaggi che sono realmente privi di profondità e spunti.
Natalie e Henry (che dovrebbe essere in realtà il protagonista e l’aggancio al pubblico giovane) sembrano personaggi di contorno e la situazione peggiora se si guarda a Dawn, personaggio poco utile e che sembra inserito solo per la “quota inclusività”, e al personaggio della vicepreside Marlene (Jennifer Coolidge), totalmente inutile all’economia della storia ma importante solo a livello di marketing.
Un altro punto di forza è la fedeltà al gioco. I fan del gioco apprezzeranno la fedeltà al mondo di Minecraft, con la riproduzione di elementi del gioco come materiali e tecniche di crafting. Per gli spettatori che non conoscono il gioco, la questione non cambia e la noia potrebbe prevalere per un film che si rivolge alla sua nicchia e a una fascia d’età che non arriva all’adolescenza.
Gli inutili anni ’80-’90
Il film tira in ballo gli anni ’80 e ’90 nel vano tentativo di agganciare una nostalgia nel pubblico più adulto. E’ un tentativo che fallisce miseramente in quanto il gioco non ha i natali in quel periodo spiazzando così l’unica caratterizzazione di Garrett che ricorda molto da vicino le caratteristiche meglio descritte nel film “Pixels”.
Oltre a una sceneggiatura semplice e prevedibile, al risicato sviluppo dei personaggi e all’inutilità di alcuni di questi, il film sembra più orientato a creare azione, frenesia, organizzata confusione spesso senza senso e senza un valido villain. Non si spiega nulla in “Un film Minecraft” perchè la motivazione, la logica delle azioni si riducono tutte alla fantasia nel creare.
“E’ più facile distruggere che creare”
questa la frase retorica che rappresenta una semplice sintesi dell’intero film. C’è molto divertimento ma senza una direzione, una logica, una stratificazione, nulla. Volutamente o no, il film non si avvale delle buone lezioni impartite da altri film del genere come, per esempio, la serie “Sonic”.
Un altro elemento che testimonia la volontà di vendere un prodotto rispetto alla creazione di un buon film è dato dalla scelta dei doppiatori italiani: una Mara Maionchi (Malgosha) in evidente difficoltà a dare voce piatta a un villain poco incisivo e un Lazza (Generale Chungus) totalmente fuori luogo.
Voto: 5,4