Recensione in anteprima – Nuova opera del cineasta indipendente Jon Gunn che porta sul grande schermo un film che tratta la malattia di un adolescente che sarà faro per le dinamiche di tutta la famiglia. Un rapporto padre-figlio ben sviluppato che rende il film meno anonimo rispetto a tanti altri dello stesso genere. Al cinema dal 27 marzo.

La storia

Austin (Jacob Laval), soprannominato Ace Man, ha 13 anni e all’attivo già 27 fratture: è affetto da osteogenesi imperfetta, una malattia genetica che fa sì che le sue ossa particolarmente fragili si spezzino per un nonnulla. Austin ha anche una forma di autismo che lo rende logorroico e ipercinetico, un vulcano incontenibile di emozioni che la sua famiglia – composta dal padre Scott (Zachary Levy), la madre Teresa (Meghann Fahy) (a sua volta affetta da osteogenesi imperfetta) e il fratello minore Logan (Gavin Warren) (che invece non ha nessuna patologia genetica) – fatica a gestire.

La storia di Il bambino di cristallo inizia durante la notte in cui

“si è rotto proprio tutto”:

e questa frase non si riferisce allo scheletro fragile di Austin ma al padre Scott che, completamente ubriaco, ha schiantato l’auto contro un albero, con i due figli a bordo, rivelando che ad essere fatti “di cristallo” in famiglia non erano solo Teresa e Austin.

Il film è tratto dal libro “The Unbreakable Boy: A Father’s Fear, a Son’s Courage, and a Story of Unconditional Love” scritto dal vero Scott LeRette. Il titolo del libro da l’idea del fatto che la storia, anche se nel film è raccontata da Austin, in realtà parla del padre Scott e del suo scendere negli abissi dell’alcol e ritrovarsi nell’amore per il figlio e la famiglia.

Oltre Wonder

Uno dei più famosi film che trattano l’autismo e i problemi fisici di bambini e adolescenti è il bellissimo “Wonder”. Qui si va un po’ oltre. Si tratta di capire le dinamiche di una famiglia, di immergersi nel dolore e nelle fatiche di giovani genitori totalmente impreparati all’esuberanza e alla fragilità di Austin.

Rispetto al film “Please, stand by” dove la protagonista Wendy (Dakota Fanning) ha un autismo molto introverso, l’autismo di Austin è estremamente ilare, iperattivo, estroverso, coinvolgente e, per certi suoi compagni di classe, un po’ invadente. Austin non ha filtri, né mentali, né fisici… dice sempre quello che pensa e, spesso, con il suo modo di fare, butta in faccia la realtà dei fatti a chi non vuole vederla.

Questo è un punto a favore del film. Sin dall’inizio che, in realtà, è quasi la fine della storia, la struttura narrativa affidata alla voce fuori campo di Austin è molto coinvolgente, divertente. Non è una semplice cronologia degli eventi, si tratta anche di prendersi un po’ in giro e Austin lo fa, a modo suo, con la strabordante loquacità che lo contraddistingue.

Più di Shazam!

Un altro punto di forza del film è dato dalla splendida interpretazione di Zachary Levy. La sua maturazione da attore di commedie e serie tv leggere abbraccia una recitazione più intensa, più vera nel dolore e nella disperazione della vita di Scott che va in pezzi. La vita di Scott, la vita di sua moglie, della sua famiglia, a causa della sua dipendenza e della poca maturità appaiono molto più fragile persino delle ossa di suo figlio e Teresa.

“Il bambino di cristallo” è un film adatto per una visione in famiglia o nelle scuole. Ha come protagonista un adolescente ma coinvolge con una buona sceneggiatura tutti i personaggi che lui incontra, persino la preside e i compagni di scuola. E’ un film commovente, strappalacrime quanto basta e che non sempre azzecca il ritmo giusto ma fa pensare a quella storia vera da cui è tratta senza infondere pietà o sufficienza. Forse non ai livelli di “Molto forte, incredibilmente vicino” ma questo film merita una visione.

Voto: 6,7

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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