Recensione in anteprima – Venezia ’24 – In concorso – Secondo lungometraggio fiction di Maura Delpero dopo “Maternal” del 2019. La regista presenta in concorso alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia un film che fa della semplicità del racconto d’altri tempi la sua arma migliore. Un ottimo affresco di famiglia che coinvolge e commuove.
La storia
Lucia (Martina Scrinzi), Ada (Rachele Potrich) e Flavia (Anna Thaler) sono le tre figlie femmine della famiglia Graziadei che ha contato dieci nascite, non tutte purtroppo andate a buon fine, come succedeva nell’Italia rurale all’epoca della Seconda Guerra Mondiale. I Graziadei vivono nella frazione trentina di Vermiglio, in una casetta in mezzo ai campi e alla neve dei lunghi inverni di montagna.
Il capofamiglia (Tommaso Ragno) è un maestro elementare che si sforza di insegnare ai suoi studenti non solo ad esprimersi in un italiano corretto invece del dialetto che tutti (compresi i Graziadei) parlano a casa, ma anche ad aspirare a qualcosa di più bello e più alto della fatica quotidiana. Quando i Graziadei ospitano un soldato siciliano che ha disertato l’esercito si innesca una reazione a catena che l’unità famigliare dovrà gestire, e che si svilupperà lungo le quattro stagioni dell’ultimo anno di guerra.
Maura Delpero, la regista, attinge ai ricordi della famiglia del padre che viveva proprio a Vermiglio per quanto riguarda le dinamiche sociali e di famiglia dell’epoca. Vi aggiunge alcune storie che riguardano alcuni componenti della famiglia che pian piano crescono e si affacciano alla vita da adulti.
Affresco sociale
“Vermiglio” colpisce il pubblico con la sua semplicità nel raccontare la vita quotidiana di montagna. E’ un modo affascinante che riporta sul grande schermo immagini di un tempo ormai lontano decenni. La riproduzione degli ambienti, nonostante le difficoltà di registrazione immense, è perfetta; i vestiti, gli utensili, tutta l’oggettistica è curata nei particolari. Anche le luci usate e la fotografia riescono a immergere lo spettatore.
Si tratta di un vero e proprio affresco sociale perchè non coinvolge solo la numerosa famiglia come era in uso in tutta Italia ai tempi, si tratta anche di coinvolgere altre famiglie, altri personaggi importanti del paesino. La scuola in classe unica con componenti di diverse età, la locanda dove gli uomini bevono, fumano, giocano a carte; la chiesa, il lavoro nei campi, sono tutti luoghi di incontro e che permettono a diversi personaggi di confidarsi e informarsi.
Il paese presenta una società tipica dell’epoca: una società prettamente patriarcale. Le dinamiche relative al lavoro nei campi, alla possibilità di istruzione, al corteggiamento, al fidanzamento, al matrimonio e alla gestione della famiglia sono antiche, diverse da come le conosciamo oggi. L’espediente per riuscire a spiegare al pubblico alcune dinamiche è stato quello di far parlare i bambini piccoli della famiglia che chiedono ai familiari più grandi anche tramite domande semplici e ingenue.
Le donne protagoniste
Nonostante sia ben marcata la dimensione patriarcale di tutto il film e di tutta la società del tempo, “Vermiglio” presenta anche qualche eccezione al femminile e le donne ne risultano direttamente o indirettamente protagoniste. Sebbene la figura del padre/maestro sia predominante, la sua scelta riguardo al proseguimento degli studi ricadrà su una figlia e non, come ci si aspetterebbe, su un figlio.
Le tre ragazze Lucia, Ada e Flavia sono le protagoniste del film che risaltano più degli altri personaggi che, comunque sono dei protagonisti a loro volta. Lucia, la più grande, incontra l’amore e anche l’altra faccia di questa bella medaglia. Ada e Flavia sono quasi in competizione ma il clima che vige in tutta la famiglia è sempre sereno tranne qualche normale momento di tensione.
Maura Delpero dirige un ottimo film grazie anche una perfetta gestione del cast. Alcuni componenti sono alla loro prima esperienza, altri invece dimostrano tutto il loro talento. Per inquadrare completamente il film riportiamo le parole della regista che calzano a pennello:
“Una storia d’alta quota, con i suoi muri di neve. Di odore di legna e latte caldo nelle mattine gelate. Con la guerra lontana e sempre presente, vissuta da chi è rimasto fuori dalla grande macchina: le madri che hanno guardato il mondo da una cucina, con i neonati morti per le coperte troppo corte, le donne che si sono temute vedove, i contadini che hanno aspettato figli mai tornati, i maestri e i preti che hanno sostituito i padri. Una storia di guerra senza bombe, né grandi battaglie. Nella logica ferrea della montagna che ogni giorno ricorda all’uomo quanto sia piccolo.”
Voto: 7,4