Recensione in anteprima – Venezia ’24 – In concorso – Gianni Amelio apre il concorso Venezia 81 per la compagine italiana. Il regista nostrano porta al Lido di Venezia una storia di guerra in cui la guerra non si vede. Campo di battaglia uscirà nelle sale italiane il 5 settembre.

Chi combatte al fronte?

Siamo nel 1918, in Italia, e la Grande Guerra sta per finire. Giulio (Alessandro Borghi) e Stefano (Gabriel Montesi) sono amici di infanzia, hanno studiato medicina assieme e ora lavorano entrambi per l’esercito, per cui curano i feriti di guerra che tornano dal fronte. I due devono curare coloro che possono essere rispediti al fronte a svolgere il proprio dovere. Alternativamente, Stefano e Giulio concedono il congedo militare a coloro i quali non sono più abili a combattere.

Questione di differenze

La differenza tra i due si nota subito. Stefano discende da una famiglia alto-borghese e il padre si aspetta molto da lui; egli deve quindi dimostrare forza e intelligenza. Giulio, d’altra parte, è una persona più compassionevole e portata allo studio; egli, infatti, si è specializzato come biologo ricercatore.

Questa differenza tra i due amici si manifesta prepotentemente quando inizia a dilagare tra i soldati la pratica dell’autolesionismo: essi, infatti, si procurano delle ferite e amputazioni di modo da ottenere il congedo e poter tornare dai propri cari invece che in trincea. Stefano ricerca, condanna e infuria contro questi – da lui chiamati – vigliacchi. Giulio, invece, spesso si lascia impietosire e la propria empatia lo porta ad aiutare alcuni di questi soldati, di nascosto, a mostrare segni di malattie degne del tanto agognato congedo militare.

L’operato di Giulio non potrà rimanere celato a causa del passaparola tra i soldati. Questo, l’arrivo di una vecchia amica dei due e la febbre spagnola che dilaga sono gli elementi cardine del prosieguo della vicenda.

Campi di battaglia

Il film, girato fra il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, non mostra gli spari, la trincea, i fucili. Il titolo è probabilmente un’indicazione degli intenti del regista di mostrare un campo di battaglia diverso dalla prima linea: quello dei soldati che si automutilano e dei medici che devono fare il proprio dovere per la patria.

In questo il film è preciso e centrato, possiede la grande qualità di non perdersi in dettagli superflui ma di focalizzarsi sul proprio obiettivo: mostrare uno spaccato della Prima Guerra Mondiale di medici e studi, di paure e senso del dovere, di ambizione e di pietà.

Teatro di battaglia

Gianni Amelio e Alberto Taraglio hanno quindi scritto un film le cui intenzioni sono chiare, i personaggi delineati e credibili ma la narrativa non convince fino in fondo. Questo è dovuto al mancato scontro fra Stefano e Giulio, che dimostrano coerenza delle proprie convinzioni ma non hanno mai un confronto risolutorio forte e catartico. Anna (Federica Rosellini), l’amica che ritorna e che si trova in mezzo a due fuochi, due posizioni opposte, non porta a nessun vero cambiamento nelle dinamiche dei personaggi. Le azioni di Giulio e Stefano non pare vengano influenzate da questa novità.

L’opera racconta una vicenda a tratti teatrale, dove manca però l’evoluzione narrativa.

Voto: 7

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