Recensione in anteprima – Venezia 79 – In concorso – Dopo “Nico, 1988” vincitore come Miglior film sezione Orizzonte di Venezia 74 e Miss Marx in concorso a Venezia 77, Susanna Nicchiarelli torna alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nell’edizione 79 con un film biografico e con atmosfere moderne interamente dedicato alla figura di Santa Chiara. Al cinema dal 7 dicembre.

La storia inserita nell’attuale

1211. Chiara (Margherita Mazzucco), ragazza di buona famiglia, decide di lasciare la casa del padre per seguire il percorso di Francesco d’Assisi (Andrea Carpezano), obbedendo alla regola di castità e di rinuncia ai beni materiali. Inizia così per lei una vita di preghiera, di servizio e di comunità, accanto a fratelli e sorelle, presso il monastero di San Damiano. A poco a poco Chiara emerge come una figura guida per le consorelle, opera miracoli senza nemmeno rendersene conto e raccoglie un seguito sempre crescente, che sfocerà nella creazione di un ordine sancito dal Papa. Ma non tutto sarà lineare e semplice, perché Chiara è una donna, e ad una donna molto di ciò che è consentito ad un uomo, ad esempio Francesco, è invece ostacolato.

Nuova figura femminile al centro della nuova opera della regista Nicchiarelli che partecipa per la terza volta a Venezia. Già dal titolo “Chiara” il film cerca di smarcarsi dalla figura di “Santa Chiara” dell’immaginario collettivo. L’accento è quindi sulla figura di Chiara in quanto donna, persona, evidenziando i limiti culturali e sociali ai quali le donne, e soprattutto le donne votate alla vita spirituale, erano costrette.

Una figura del passato e molto conosciuta per parlare anche di tematiche moderne.

Un (quasi) musical

Di moderno in “Chiara” non c’è solo questa volontà, non sempre resa al meglio, di voler veicolare un discorso sulla figura femminile in quegli anni. Ci sono contaminazioni evidenti di modernità soprattutto nella struttura narrativa e, ancor più nella colonna sonora costruita in moda da mescolare suoni che rimandano a melodie antiche e ritmi di musica moderna, pop e rock.

“Chiara” diventa a tratti, un musical, o quasi. Infatti ci sono diverse scene solo recitate ma altre vengono narrate attraverso il canto e il ballo. Una regia attenta permette di apprezzare il ballo anche da inquadrature particolari e ben organizzate così da dare un ulteriore impulso moderno a una vicenda narrata antica.

Questo continuo essere antico ma anche moderno rende il film interessante ma, allo stesso tempo, fragile. Forse volutamente risulta qualcosa che ha una sua profondità ma che non esplicita in maniera efficace quell’atmosfera del tempo e della santa che viene ricordata, per certi versi, in “Fratello sole sorella luna”.

Lingue e interpretazioni

Per una precisa scelta registica la lingua che, per quasi tutto il tempo viene parlata durante il film è un dialetto antico. Per arrivare a questo volgare italiano dell’epoca (inizio 1200) in zona umbra sono stati effettuati studi e ipotesi. Ciò che ne esce è una certa verosimiglianza con quella che probabilmente era la lingua dell’epoca rendendo più realistico il racconto.

Sicuramente questa scelta rende molto più difficile l’ascolto per lo spettatore che, spesso, deve ricorrere ai sottotitoli per riuscire a comprendere quanto viene detto (nella versione proiettata al lido non sempre erano presenti i sottotitoli in italiano e ci si arrangiava con quelli in inglese).

La recitazione, sicuramente naturale, non aiuta la comprensione dei dialoghi. La scelta degli interpreti è felice per quanto riguarda il talento messo in campo. Margherita Mazzucco, al debutto sul grande schermo, è sicuramente un’attrice di sicuro avvenire ma offre un personaggio di Santa Chiara di poco spessore. Il bravo Andrea Carpenzano è limitato in un San Francesco quasi freddo senza la possibilità di esprime tutto il suo talento già visto e apprezzato in “La terra dell’abbastanza”.

Un film da vedere e che può piacere.

Voto: 6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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