Recensione in anteprima – Tredicesimo lungometraggio per il regista Wes Anderson che ripercorre nuovamente il suo inconfondibile stile. Una nuova storia familiare che con ironia, simmetria e colore viene narrata e dipinta. Forse troppo lo stile rispetto alla narrazione con un fascino coerente ma non nuovo. Al cinema dal 29 maggio.
La storia
Anatole «Zsa-zsa» Korda (Benicio Del Toro), magnate quasi immortale, colleziona nemici e incidenti aerei, a cui sopravvive a dispetto dei suoi sabotatori. In un clima da predazione capitalistica e di morte prossima, Korda mette in ordine i suoi affari e decide di lasciare la sua immensa fortuna a sua figlia, novizia imperturbabile, con pipa e rosario, a un passo dai voti. Salvo che il nostro ha altri nove figli, tutti maschi, che non ha il tempo o il desiderio di amare. La presenza di Liesl (Mia Threapleton), che accetta il lavoro di ereditiera provvisoria nel tentativo di identificare l’assassino di sua madre, cambierà le carte in tavola e il destino di un padre imbarcato in un rocambolesco progetto industriale.
“La Trama Fenicia” diretto da Wes Anderson, segna un altro capitolo distintivo nel panorama cinematografico del regista, noto per il suo stile visivo unico e il suo approccio narrativo eccentricamente poetico. Ambientato in un affascinante e colorato mondo che richiama le atmosfere presenti in “Grand Budapest Hotel”, il film cerca di esplorare ironicamente e, come sempre, le interazioni tra un gruppo di personaggi eccentricamente dipinti. Con una narrazione intricata e un cast stellare che include, tra gli altri, nome di spicco come per esempio Benicio Del Toro, Michael Cera, Tom Hanks, Scarlett Johansson, Anderson riesce a creare una fusione di umorismo sottile, un’acutezza intellettuale e un profondo affetto per la complessità delle relazioni umane.

Lo stile inconfondibile
Il film si distingue per il suo inconfondibile stile visivo, caratterizzato da composizioni simmetriche, colori pastello vivaci e una scenografia meticolosamente curata, elementi che sono diventati un marchio di fabbrica del regista. “La Trama Fenicia” non è da meno in questo senso, poiché Anderson utilizza queste tecniche per arricchire l’esperienza visiva. I dialoghi, carichi di battute ironiche e giochi di parole, evidenziano l’intelligenza di un cast che si muove con grazia attraverso le dinamiche intricatamente tessute delle relazioni dei personaggi.
E’ uno stile spesso messo sotto accusa da gran parte del pubblico e della critica. Benché ben strutturato e realizzato questo stile risulta, per alcuni, troppo ripetitivo e fine a sé stesso sacrificando la narrazione. Uno stile che impatta la visione e distrae la narrazione rendendo quest’ultima molto sottile e spesso simile a tanti altri lavori del regista.
Dall’altra parte, compreso chi scrive, un altro gruppo di pubblico e critici che apprezzano questo marchio di fabbrica e ne scovano sempre delle differenze importanti e delle declinazioni sempre più ricercate. Forse, l’unica visione potrebbe apparire limitata per apprezzare tutte le particolarità di un progetto che abbaglia per lo stile e risulta comunque estremamente scorrevole e divertente.
Il cast ipertroficamente stellare
“La Trama Fenicia” presenta una narrazione a tratti frenetica e la trama eccessivamente tortuosa, con numerosi personaggi che possono apparire come semplici caricature piuttosto che figure tridimensionali. L’elevato numero di storyline secondarie e l’ampia gamma di sottotrame possono dare l’impressione di uno sviluppo più superficiale di alcuni personaggi, in particolare quelli che non ricevono un adeguato spazio per brillare all’interno della storia principale.
Questi personaggi, inoltre, sono interpretati da un cast stellare. Molti attori rinomati e attrici di successo prestano la loro recitazione anche per solo una scena. Il cast quindi potrebbe risultare a tratti una lunga passerella di figurine, di attori e attrici fedeli al regista e presenti in molti dei suoi film.
“La Trama Fenicia” si colloca in un continuum di opere di Wes Anderson che esplorano la condizione umana attraverso una lente di surrealismo e umorismo. I suoi sostenitori potrebbero vedere questo film come un’ulteriore affermazione della sua visione artistica unica, mentre i detrattori potrebbero percepirlo come ripetitivo. Tuttavia, il potere di questo film risiede nella sua capacità di trasmettere sentimenti universali attraverso la lente di un’estetica meticolosa. L’influenza di Anderson, nonostante le critiche, rimane un faro di creatività, una sfida per gli spettatori a sognare oltre le convenzioni e ad abbracciare l’assurdità e la bellezza della vita.
Voto: 6,3