Recensione in anteprima – Settimo film per John Crowley che porta al cinema una storia d’amore in perfetto equilibrio tra sentimenti e dramma. Non il solito cancer movie ma un film che espande il concetto di tempo, opportunità, voglia di vivere. Al cinema dal 6 febbraio.
La storia
Si incontrano in un ospedale. Lui è Tobias Durand (Andrew Garfield), lavora per la fabbrica di cereali Weetabix e si trova in strada di sera in accappatoio alla ricerca di una penna per firmare le carte del divorzio. Lei è Almut Brühl (Florence Pugh), un ex-pattinatrice ora chef in ascesa che l’ha investito. Tra loro nasce una forte attrazione e dopo poco vanno a vivere insieme. Da lì parte la loro storia che attraversa circa dieci anni, tra alti e bassi, momenti di grande felicità culminati con la nascita della figlia ad altri tragici quando Almut scopre di avere un cancro e deve scegliere un trattamento che può allungarle la vita ma farla soffrire di più oppure sfruttare al meglio il tempo che le rimane.
La trama così spiegata potrebbe sembrare una trama che si è sviluppata diverse volte per diversi film. Ma “We live in time” non è il solito “cancer movie”. Presenta una storia di dolore classica ma si sviluppa in modo alternativo e tocca temi non sempre esplorati a fondo in questo genere di film. Il montaggio spiazza gli spettatori nelle prime scene del film costringendolo in modo efficace a prestare un’attenzione che risulta fondamentale per comprendere appieno la storia tra Tobias e Almut.
Un perfetto equilibrio
“We live in time” è supportato da una buona sceneggiatura e, soprattutto, da un’ottima intesa tra i due attori nelle parti dei personaggi principali. L’alchimia tra Florence Pugh e Andrew Garfield buca lo schermo e arriva in maniera precisa al pubblico. Florence Pugh interpreta ottimamente una donna che insegue la perfezione in quello che fa e che viene colpita dall’imperfezione della sua malattia. Una donna grintosa, piena di corazze e pronta sempre alle sfide.
Andrew Garfield interpreta un uomo che spesso risulta passivo agli eventi che lo investono, letteralmente. Il suo continuo impaccio è solo in parte impreparazione e timidezza, è soprattutto, invece, paura di realizzare le proprie aspettative e paura di rimanere deluso, ancora una volta.
Sebbene il montaggio inserisca gli eventi, soprattutto all’inizio, in modo non cronologico, si riesce sin dalle prime scene ad entrare in relazione con i due protagonisti. Inizialmente sbilanciato sugli avvenimenti che interessano Tobias, il film trova il suo equilibrio con lo svolgersi della narrazione senza mai cadere nel semplice sentimentalismo.
Quadri, piatti, foto e filmati
Il film ci offre un interessante riflessione sul tempo e la tempistica. Tobias sbaglia quasi sempre tempistica con Almut, cacciandosi, spesso, in situazioni imbarazzanti. Almut combatte il tempo nel preparare i suoi piatti e per concorrere al meglio nelle prove del Bocuse d’Or. La sua malattia limita la vita privata e anche la vita pubblica ma trova sempre il tempo per sua figlia, per il suo lavoro e per suo marito.ù
“We live in time” costruisce la sua narrazione anche attraverso i ricordi, i filmati, le foto di quando Almut era più giovane con le sue aspirazioni. La scena finale, anzi le scene finali concentrano in modo perfetto il sentimento che lega lei alla sua famiglia. In un crescendo di commozione è il tempo che si trascorre con le persone che si amano il vero protagonista di questo film.
Dal semplice tagliare i capelli al più complicato avere dei figli, in mezzo c’è tutto il vivere anche di chi ha una malattia che non lascia scampo. John Crowley riesce bene a immergerci nel clima e nel sentimento di questa famiglia. Con il supporto di ottime interpretazioni del cast il film riesce ad appassionare e a smarcarsi quanto basta dai soliti “cancer movie” per risultare originale e interessante.
Voto: 6,8