Recensione in anteprima – 35° film del Marvel Cinematic Universe e quarta regia per Julius Onah. Un film che riporta la dimensione politica all’interno della saga sui supereroi Marvel, presenta per la prima volta un nuovo Captain America e cerca di affrontare un ritorno di popolarità dopo alcuni insuccessi. Un film che intrattiene ma che non convince totalmente. Al cinema dal 12 febbraio.

La storia

L’ex Generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross (Harrison Ford) è divenuto presidente degli Stati Uniti con una campagna elettorale all’insegna dell’unità del Paese e la sua collaborazione con il nuovo Capitan America (Anthony Mackie) sembra migliorare di giorno in giorno. Dopo una missione completata con successo contro i Mercenari dei Serpenti, Sam Wilson viene infatti invitato alla Casa Bianca, accompagnato dal nuovo Falcon, Joaquin Torres (Danny Ramirez), e dal Capitan America dimenticato della Guerra di Corea, vittima per decenni di esperimenti governativi: Isaiah Bradley (Carl Lumbly).

In questa occasione però ha luogo un attentato alla vita del Presidente, che inoltre incrina il rapporto con il Giappone per l’impiego di un nuovo straordinario metallo: l’adamantio, recuperato dalla “massa celestiale” nell’Oceano Indiano. Sam Wilson dovrà cercare di venire a capo di un complesso intrigo e a complicare le cose c’è l’agente presidenziale Ruth Bat-Seraph (Shira Haas), di origini israeliane ma addestrata nella Stanza Rossa delle Vedove.

Tanti personaggi nuovi, alcuni invece cambiano la loro collocazione nell’universo Marvel, altri invece cambiano semplicemente faccia. Una trama che cita senza troppa invadenza i precedenti film: “Captain America Civil War” e “L’incredibile Hulk” nonché la serie “The Falcon and the Winter Soldier” e il film “Eternals”.

Tra passato, presente e futuro (ancora incerto)

Con l’interpretazione di Anthony Mackie nel ruolo di Sam Wilson, il nuovo Captain America, il film affronta temi di identità, responsabilità e cambiamenti sociopolitici, il tutto incastrandosi in un contesto più ampio di eventi che hanno caratterizzato il MCUAnthony Mackie, che assume il ruolo di Captain America dopo Chris Evans, offre una performance che mescola vulnerabilità e determinazione. Mackie riesce a catturare il conflitto interno del suo personaggio: il peso di portare un simbolo così potente in un’epoca di grande divisione e conflitto. La sua ritrosia a rientrare nello schema del nuovo presidente americano è palese in quanto i due la pensano diversamente su (quasi) tutto.

“Lui era qualcosa in cui credere, tu sei qualcosa in cui sperare”

Queste le parole di un “amico” che compare nel film e che vengono dette al nuovo Captain America confrontandolo con il precedente. Per tutto il film questo peso viene presentato al pubblico ma non viene totalmente risolto, o almeno, con l’efficacia che ci si poteva aspettare. Come se la direzione della Marvel fosse un po’ offuscata dalla paura di un altro fallimento.

Il presente e, soprattutto, il futuro incerto fanno capolino nel film non soltanto nel personaggio principale ma nella situazione politica mondiale e degli Stati Uniti in particolare. La pellicola offre lo spunto per inquadrare un mondo sull’orlo di una crisi militare per il possedimento del prezioso adamantio. Si riaffaccia quindi una narrazione che guarda all’intrigo politico che è abbastanza ben sviluppato con intrecci su vari livelli complessamente ben architettati ma, con un grosso difetto: la mancanza di mordente.

Hulk Ross(o)

Non risulta un mistero che il Generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross, neo presidente Usa, si trasformi, nel corso del film nell’Hulk rosso. Questa informazione è stata rivelata già nei diversi trailer. Risulta quindi poco interessante tutta una tempistica di avvicinamento alla trasformazione che tenta di giustificarne il cambiamento ma che ha poco impatto nello spettatore e, soprattutto, appesantisce un po’ la narrazione.

L’insediamento di un nuovo presidente e il contesto politico degli Stati Uniti che sono presenti nel film possono sembrare dei riferimenti più o meno velati alla rielezione di Trump. Coincidenza o meno, il film offre una fotografia dell’arroganza degli Usa incarnata dal presidente Ross. Anche se il conflitto tra bene e male risulta un po’ sfumato e al sorgere della minaccia dell’Hulk rosso si svela la vera e più importante minaccia per l’intero mondo e, possiamo dire, universo.

In definitiva “Captain America, brave new world” è un film di discreto intrattenimento, un passo avanti rispetto agli ultimi deludenti film Marvel ma si è ancora lontani dall’interesse che i film dell’MCU han generato fino a “Avengers Endgame”. Inoltre la scelta di esplorare il passaggio di consegne da Steve Rogers a Sam Wilson non è solo un cambio di guardia, ma rappresenta anche un’analisi sul significato di eredità e responsabilità. Sam deve affrontare non solo il peso della sua nuova identità, ma anche le aspettative e le paure della società che lo circonda, rendendo il suo viaggio ancor più significativo.

Voto: 6,7

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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