Recensione in anteprima – Venezia 76 – In concorso – Terzo lungometraggio per Vaclav Marhoul con un cast internazionale nel quale spiccano i nomi di Harvey Keitel, Stellan Skarsgård, Udo Kier. Presentato con pareri contrastanti di critica e pubblico alla 76esima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia il film è in bianco e nero e, per diversi tratti, la lingua è interslava (una sorta di nuovo esperanto dell’est).

I 9 quadri

Il Ragazzo è stato affidato dai genitori perseguitati ad un’anziana madre adottiva. Al momento della sua morte al Ragazzo non resta altro che vagare da solo per le campagne raggiungendo villaggi e fattorie disseminati sul suo percorso senza meta. Nella sua lotta per la sopravvivenza è esposto alla feroce brutalità dei superstiziosi contadini ed assiste alla ferocia con cui i militari, tedeschi o russi che siano, vessano le popolazioni.

Non è un caso che la sinossi non possa andare oltre al termine “Ragazzo” per descrivere il nome di un bambino assoluto protagonista della storia. Il nome del “Ragazzo” non lo sapremo per lunghissimi tratti del film e non è importante. Probabilmente nella mente del regista il nome avrebbe identificato solo un bambino specifico mentre la volontà sembra essere quella di porre l’accento sulle vicissitudini che possono capitare a un soggetto indifeso come un bambino quando rimane orfano in un periodo storico terribile come quello che abbraccia i primi anni ’40 del secolo scorso.

Il film è diviso in 9 “quadri” che corrispondono a 9 diverse avventure del bambino. “The Painted Bird” prende il nome da una scena del quarto quadro. La struttura è ben delineate anche se estremamente ripetitiva. Alla fine di ogni quadro vi è il buio e il titolo del quadro successivo. Ogni quadro è denominato con i nomi dei protagonisti che il ragazzo incontra sul suo cammino.

Uno spaccato di storia e (in)civiltà

Tratto dal romanzo omonimo di Jerzy Kosiński, il film è presentato in bianco e nero. Una scelta che, se da una parte risulta elegante grazie a un bianco e nero molto brillante e nitido, dall’altra affievolendo la percezione del colore attenua la percezione del sangue ma costringe il regista ad accelerare sull’impatto violento di alcune scene.

Inizialmente la vicenda non risulta di facile identificazione sia geografica sia storica. Capiamo con il passare delle immagini e delle scene che si tratta di un territorio non meglio precisato tra l’Ucraina e la Polonia. Storicamente la vicenda si può collocare attorno ai primi anni ’40 del secolo scorso con l’avanzata dell’esercito nazista verso i territori russi.

La civiltà descritta in questi territori è fortemente povera, contadina, legata alle tradizioni, alla religione e soprattutto molto superstiziosa, egoista e violenta. In ogni quadro si sprecano i personaggi negativi, corrotti, e fortemente cattivi che il Ragazzo incontra e si possono contare forse sulle dita di una mano quelli positivi e buoni in tutto il film. Francamente, se ne possono ricordare solo due.

La violenza (gratuita) improvvisa

Uno dei difetti del film riguarda la ripetitività della dinamica scenica. In ogni quadro il Ragazzo incontra nuove persone e poi se ne allontana in qualche modo per incontrarne altre. In ogni quadro esiste una violenza e un sadismo nei confronti del Ragazzo e degli animali che ha pochi pari in altri film o, si spera, nella realtà.

Il viaggio del Ragazzo per ritornare a casa, in un periodo storico difficile e di persecuzione nei confronti degli ebrei è pieno di ostacoli, fatica, sofferenza oltre la più immaginabile situazione. La violenza, certe volte gratuita, di alcuni passaggi è mostrata con insistenza e dovizia di particolari al pubblico. Ci si spinge persino nei pressi della zoofilia, la spropositata reazione alla gelosia, l’imperversare di punizioni corporali.

“Ricorda, occhio per occhio, dente per dente”

Questo l’insegnamento di un soldato russo al Ragazzo per giustificare la vendetta alla morte brutale di quattro dei suoi compagni.

Il film risulta elegante artisticamente, molto crudo e violento. La ripetitività, la lunghezza, l’insistenza sadica e una narrazione un po’ sgangherata ne minano il risultato finale. La recitazione del bambino, assoluto protagonista del film, è splendida nelle continue sofferenze. Petr Kotlar ha, per questo, serie possibilità di vincere il premio Mastroianni per la miglior interpretazione di un giovane attore.

Voto: 5,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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