Recensione in anteprima – Quarantunesimo lungometraggio da regista per Clint Eastwood all’età di 94 anni. Un film solido, ineccepibile dal punto di vista formale e artistico. “Giurato numero 2” mette in scena la dicotomica contrapposizione tra verità e giustizia, tra accusa e colpa. Un’ottima sceneggiatura, un cast perfettamente in parte e magistralmente diretto. Al cinema dal 14 novembre.

La storia

Justin Kemp (Nicholas Hoult), giovane uomo con un passato alcolico e un futuro da papà – la moglie aspetta la loro bambina -, è convocato come giurato in un sordido caso di omicidio alle porte di Savannah, in Georgia. La vittima, Kendall Carter (Francesca Eastwood), è stata presumibilmente picchiata a morte e abbandonata in un fosso dopo una violenta discussione col suo ragazzo, membro pentito di una gang di quartiere.

Il colpevole ideale per i dodici giurati e per il procuratore della contea in piena campagna elettorale. Faith Killebrew (Toni Collette) espone i fatti e la vertigine sale. Justin, giurato numero 2, realizza progressivamente la propria colpevolezza nella tragedia avvenuta un anno prima, nel cuore della notte, sulla stessa strada dove si era convinto di aver investito un cervo. Sotto una pioggia battente di ricordi, il marito perfetto si scopre omicida involontario e si ritrova di fronte a un dilemma morale: confessare, scagionando l’imputato, o sottrarsi alla giustizia, condannando un innocente?

Alla veneranda età di 94 anni e con notevoli successi alle spalle tanto da essere difficile ricordarsi un suo flop recente o passato, Clint Eastwood mette in scena una storia che, dalle avvisaglie avrebbe potuto correre il rischio di rimanere confinata in un’aula di tribunale. Invece la storia respira molto più di quanto dice il soggetto e scava nei meccanismi della giustizia messi a confronto con la colpa che, in questo caso, stride con la realtà raccontata.

La giustizia

Sin dall’inizio del film lo spettatore viene immerso in un gioco di immagini rivelate e di immagini che rispecchiano la cecità in diversi modi: attraverso una benda, il buio di una notte, la pioggia battente, una luce accecante, etc… La bilancia della statua davanti al palazzo di giustizia, che spesso viene ripresa fluttuare è l’attesa di un giudizio che da verdetto semplice diventa un sempre più intricato insieme di ipotesi e supposizioni che non danno certezza.

“La giustizia è cieca, la colpa vede tutto”

Questo il sottotitolo del film che evidenzia in parte tutto quello che il film cerca di dire. Il dilemma interiore di Justin è importante. Lui conosce la verità, sa da quale parte sta la giustizia ed è per questo schiacciato, sempre più dal senso di colpa.

Le dinamiche in aula seguono gli interrogatori dei testimoni e dello stesso imputato con una serie incalzante di montaggio alternato per esprimere nella stessa situazione e lo stesso concetto ma con giudizi opposti tra la difesa e l’accusa. Ma la giustizia è anche quella privata che, ogni giurato cerca di perseguire quando vota la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato. Eastwood ci presenta in maniera precisa e mai banale delle situazioni di giurati che hanno una storia e un passato bisognoso di rivalza: chi ha avuto un fratello ucciso dalle gang, chi si fa paladina delle cause contro il sessismo, etc…

Una fotografia eterogenea della società americana e, probabilmente occidentale, sempre più egoistica, ricca di lotte e problemi.

La colpa

Nel corso del film Justin cerca di far luce su cosa possa essere la cosa giusta da fare per salvare la sua famiglia e non condannare un innocente. Un senso di colpa che si trasforma nel corso del film e che viene sviluppato egregiamente da una sceneggiatura asciutta e precisa e da riprese addosso a Justin, dal basso, dall’alto ad assecondare la gravità delle situazioni.

Nell’intricato braccio di ferro tra giustizia e colpa, tra verità e realtà, tra voglia di libertà e di redenzione Justin non trova aiuti. Il film quindi si trasforma anche in un dialogo silenzioso tra gli spettatori e il protagonista, tra la vicenda umana e la giustizia terrena. Il crescente interesse verso una strada che sembra senza uscita e gravida di colpe è anche, e soprattutto, la consapevolezza che, ogni persona vede ciò che vuole vedere rimanendo cieca, spesso per scelta, su tante altre, persino sulla giustizia e la verità.

Voto: 7,6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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