Recensione in anteprima – Roma ’24 – Gran Public – Quarto lungometraggio da regista per Oz Perkins, quattro anni dopo “Gretel e Hansel”. Questo “Longlegs” è un film horror psicologico che esplora le profondità della psiche umana attraverso una lente di angoscia religiosa, con Nicolas Cage che interpreta un ruolo di grande intensità. Al cinema dal 31 ottobre.
Storia
Anni ’90. La giovane agente del FBI Lee Harker (Maika Monroe), poca esperienza ma molto intuito, è reclutata dal veterano agente Carter (Blair Underwood) per indagare su una serie di brutali omicidi-suicidi avvenuti nell’Oregon. Tra le vittime ci sono degli elementi in comune: il capofamiglia fa fuori tutti gli altri e poi si toglie la vita; le figlie femmine assassinate festeggiano il compleanno nel 14 del mese.
Ma ci sono delle zone d’ombra anche nella vita di Lee, che ha quasi paura degli altri e cerca di evitare qualunque contatto umano se non ci si trova costretta come nel caso in cui Carter le fa conoscere sua moglie e sua figlia piccola. Intanto, dopo ogni omicidio vengono rinvenute delle lettere dai caratteri incomprensibili in cui è riconoscibile solo la firma, Longlegs (Nicolas Cage), che Lee inizia a decifrare facendosi aiutare dal suo sesto senso.
Il film riesce a evocare una sensazione di claustrofobia e oppressione, simile a opere come “Hereditary” di Ari Aster e “The Witch” di Robert Eggers, dove i legami familiari vengono messi a dura prova dalle forze oscure che li circondano. La presenza di figure e simbolismi religiosi amplifica il senso di angoscia, rendendo il pubblico complice di un viaggio inquietante verso la scoperta di segreti familiari e rituali ancestrali.
Ritmo classico
Il ritmo di “Longlegs” è calibrato con precisione, alternando momenti di calma a esplosioni di terrore. Questa struttura narrativa tiene lo spettatore in uno stato di attesa costante, mentre i segreti si svelano lentamente, creando una crescente sensazione di inquietudine. Il film ripercorre il ritmo e i temi classici dell’horror e la sceneggiatura è fin troppo organizzata e veicolata.
Rispetto ad altre opere del genere, come “Midsommar” di Ari Aster o “Sinister” di Scott Derrickson, “Longlegs” si distingue per la sua tensione psicologica e il modo in cui esplora le dinamiche familiari attraverso la lente dell’orrore. “Longlegs” si presenta anche come un’opera che intrattiene e non perde occasione di ricordare allo spettatore gli anni in cui si immerge. Quegli anni ’90 all’inizio della tecnologia e ancora poco “social”
Oltre a Nicolas Cage, che, a dire il vero è più personaggio fortemente presente, evocato e rincorso durante la sua assenza dalla scena, è presente un cast che impersona molto bene le qualità dei personaggi che danno vita a una sceneggiatura, a tratti, un po’ telefonata e prevedibile.
…come fosse un horror
Uno degli aspetti più affascinanti di “Longlegs” è come affronta il concetto di eredità, sia in termini di traumi familiari che di credenze religiose. La storia mette in luce il modo in cui il passato di una famiglia può influenzare le nuove generazioni, creando un ciclo di paura e angoscia che sembra impossibile da spezzare.
“Longlegs” non è solo un horror psicologico, ma un’esplorazione profonda della natura umana, delle sue paure e delle sue speranze. Con una regia attenta, una sceneggiatura ben scritta e una performance superlativa di Nicolas Cage, il film si colloca tra le opere più interessanti del genere contemporaneo negli ultimi anni. La sua capacità di mescolare horror, introspezione psicologica e commento sociale lo rende un’esperienza cinematografica che rimarrà con il pubblico a lungo dopo la visione.
Voto: 6,5