Recensione in anteprima – Pesaro ’24 – Maria Montessori, La Nouvelle Femme è un film intenso e delicato che esplora i temi della maternità, della disabilità e dell’emancipazione femminile attraverso la storia di due donne straordinarie: Lili d’Alengy, una famosa cortigiana parigina, e Maria Montessori, la pioniera dell’educazione infantile.Al cinema dal 26 settembre.
La trama
Ambientato all’inizio del 1900, il film intreccia i destini di queste due figure apparentemente molto diverse, accomunate però da segreti e sfide personali legati alla maternità.
Lili (interpretata con grande intensità da Leïla Bekhti), per evitare di compromettere la propria carriera mondana, decide di abbandonare la figlia Tina, nata con un grave handicap. Profondamente segnata dal rimorso, Lili si trasferisce a Roma, dove spera di trovare una soluzione per la bambina attraverso il rivoluzionario metodo educativo di Maria Montessori, interpretata da Jasmine Trinca. Anche Maria, tuttavia, nasconde un doloroso segreto: un figlio nato fuori dal matrimonio, che ha dovuto abbandonare per poter proseguire la sua carriera. È proprio nell’incontro tra queste due donne, così diverse ma entrambe prigioniere di aspettative sociali soffocanti, che il film trova il suo cuore pulsante.
Léa Todorov costruisce con maestria un racconto che alterna il dramma personale delle protagoniste con la ricostruzione storica di un’epoca segnata da profonde ingiustizie sociali e disuguaglianze di genere. La figura di Maria Montessori emerge non solo come una scienziata visionaria, ma anche come una donna costretta a fare scelte difficili in una società che non perdonava deviazioni dalla norma. La tensione tra la vita privata di Maria e la sua missione pubblica si riflette nel suo lavoro con i bambini definiti all’epoca “deficienti”, e il film mostra con grande sensibilità come la pedagogista, attraverso il suo metodo, abbia offerto a questi bambini un futuro che la società sembrava negare.
L’attenzione ai bambini
Una delle qualità del film è proprio l’attenzione che riserva ai bambini, in particolare quelli con disabilità, trattati non come soggetti passivi ma come individui capaci di sorprendere il mondo con la loro unicità. La regista si è ispirata alla propria esperienza personale, dopo la nascita di sua figlia neuro-atipica, per tratteggiare la figura di Tina e, attraverso di lei, esplorare il tema dell’accettazione della diversità. La piccola Tina, interpretata magistralmente da Rafaelle Sonne-Ville-Caby, è il personaggio centrale attorno al quale si sviluppa l’evoluzione interiore di Lili: da madre distante e piena di vergogna, incapace di accettare la condizione della figlia, a donna capace di riconoscere il valore dell’amore incondizionato.
La performance di Leïla Bekhti nel ruolo di Lili è una delle più intense. Il suo personaggio, che all’inizio può apparire egoista e crudele per aver abbandonato la figlia, si trasforma lentamente grazie all’incontro con Maria e all’influenza del metodo Montessori. Bekhti riesce a trasmettere con grande naturalezza la vulnerabilità di Lili, il suo dolore nascosto dietro la maschera della mondanità e la sua lenta ma inesorabile presa di coscienza di ciò che significa essere una madre. Lili diventa un simbolo di tutte quelle donne che, in una società patriarcale, sono costrette a scegliere tra la carriera e la famiglia, tra il proprio desiderio di realizzazione e il ruolo sociale che viene loro imposto.
L’aspetto artistico e tecnico
Anche Jasmine Trinca, nel ruolo di Maria Montessori, offre un’interpretazione straordinaria. La sua Maria è una donna determinata, pragmatica, ma anche profondamente segnata dalle sue scelte di vita. Trinca riesce a dare al personaggio una complessità rara, mostrando sia la sua forza sia le sue fragilità. La relazione tra Lili e Maria, due donne che in apparenza non potrebbero essere più diverse, è uno degli elementi più potenti del film. Le loro storie si intrecciano in modo toccante, offrendo uno sguardo intimo su due percorsi di emancipazione femminile che, pur seguendo strade diverse, portano entrambe a una forma di liberazione.
L’aspetto visivo del film è altrettanto curato. Todorov, che ha un background documentaristico, ha saputo trasferire questa esperienza nel film senza mai cadere nel realismo crudo. Al contrario, ha scelto un’estetica sofisticata e quasi romantica, in grado di elevare la realtà quotidiana a una dimensione più simbolica.
La fotografia, con la sua luce soffusa e i toni caldi, crea un’atmosfera che richiama i quadri dell’epoca, rafforzando il contrasto tra l’ambiente mondano di Lili e quello austero e scientifico di Maria. Ogni inquadratura sembra studiata per riflettere lo stato emotivo dei personaggi, contribuendo a creare un film che è tanto una riflessione intellettuale quanto un’esperienza sensoriale.
La colonna sonora
Un altro elemento fondamentale è la colonna sonora, composta da brani di Mélanie Bonis, una compositrice contemporanea a Maria Montessori, ma praticamente dimenticata dalla storia. Le musiche di Bonis, cariche di emozione e dramma, accompagnano perfettamente lo sviluppo del film, sottolineando i momenti più intensi senza mai risultare invasive.
Il film, oltre a essere un’opera storica, porta con sé un messaggio fortemente attuale. La visione dei bambini neuro-atipici e disabili è al centro del suo discorso politico. Todorov non si limita a raccontare la storia della pedagogia di Maria Montessori, ma ci invita a riflettere su quanto poco la nostra società sia cambiata in termini di inclusione e accettazione della diversità. Ancora oggi, molte famiglie si trovano a lottare contro pregiudizi e mancanza di supporto quando si tratta di disabilità.
Una visione moderna
In questo senso, Maria Montessori – La Nouvelle Femme può essere considerato un film militante, che non solo ci mostra il passato, ma ci invita a riconsiderare il nostro presente.
Maria Montessori – La Nouvelle Femme è un film commovente e coraggioso, che tocca corde profonde e affronta temi difficili con estrema sensibilità. Léa Todorov riesce a rendere universali le vicende personali delle sue protagoniste, offrendo un racconto che parla non solo di loro, ma di tutte le donne che lottano per trovare il loro posto in una società che troppo spesso le relega ai margini.
Un’opera che merita di essere vista, non solo per la bellezza della sua realizzazione, ma per l’importanza del suo messaggio.
Voto: 6,3