Recensione in anteprima – Venezia ’24 – Fuori concorso – Tim Burton propone il sequel del suo “Beetlejuice” del 1988. Sono passati più di 35 anni e un seguito di un film cult a così tanta distanza è un rischio che Burton si prende e vince. Ritorna la freschezza del cinema del regista che si aggancia alla realtà dentro e fuori dallo schermo delle serie tv di genere di questo periodo. Al cinema dal 5 settembre.
La storia
L’ex adolescente Lydia Deetz (Winona Ryder) è cresciuta, ma non ha perso l’abilità di vedere i fantasmi; solo che adesso la sfrutta per portare visibilità e soldi al suo show televisivo: “Ghost house”. La morte rocambolesca e improvvisa del padre, la riporta a Winter River, insieme alla figlia Astrid (Jenna Ortega) e alla matrigna Delia (Catherine O’Hara), per un ultimo saluto al defunto, proprio nel momento in cui viene visitata, a distanza di trentacinque anni, dalle sgradite apparizioni dell’incontenibile Beetlejuice (Michael Keaton), del quale sperava di essersi liberata per sempre.
Riportare sul grande schermo un personaggio come Beetlejuice (nella versione italiana anche con il titolo “spiritello porcello”) a distanza di 35 anni è una sfida molto ardua. La narrazione e la fruizione di prodotti cinematografici di questo genere è cambiata molto rispetto agli anni 80 del secolo scorso. Reinventare un sequel moderno e mantenere lo stesso spirito giocoso e terrificante del primo capitolo è stato, per Burton, un rischio. Possiamo dire che questo rischio è stato brillantemente superato.
Fantasia (poca) e (tanto) cuore
“Beetlejuice Beetlejuice” non aggiunge fantasia al primo capitolo. Non si basa su una volontà di voler impressionare o sbalordire. Nemmeno la trama risulta nuova e particolarmente originale. Ma questo film ha tanto cuore e tanta cura. Lascia spazio a una pluralità di trame e sottotrame prendendo spunto dal primo film e ampliando quanto può essere successo in questi 35 anni. E’ un accenno come a completare una serialità tanto cara al pubblico più giovane e quello abituato alle serie tv come per esempio “Mercoledì”.
Non a caso, ad interpretare la giovane Astrid, incarnazione perfetta delle nuove generazioni e dei suoi gusti c’è l’osannata interprete di “Mercoledì” Jenna Ortega. Un confronto tra cult horror di indubbio richiamo. Tim Burton ci (ri)mette il cuore e fa diventare proprio il personaggio Beetlejuice il cuore del film. Come mai lo fu nel primo film.
Una felice intuizione che restituisce dinamicità sia al personaggio sia a tutto il film oltre a dare respiro agli altri personaggi che non necessariamente hanno a che fare con lui.
Dinamiche da sequel
Per chi conosce il film del 1988 e le dinamiche di “chiamata” dello spiritello, può ben comprendere il titolo del sequel e, probabilmente, se questo nuovo capitolo avrà fortuna, anche un eventuale nuovo film per completare quella “chiamata”. La regia e la sceneggiatura rispettano, come detto, le nuove dinamiche da sequel guardano molto più alle serie tv rispetto al cinema vero e proprio.
Esiste un divertimento costante che traspare nel film ed è un divertimento sia per il pubblico sia per il regista. Il suo divertimento traspare autocitandosi in alcuni punti e ovviando all’assenza di alcuni attori del cast originario. I rapporti di famiglia son più intensi, sbeffeggiando i “maestri” Disney e creando un percorso di riconciliazione e incontro molto ben strutturato.
In conclusione, il pericolo di un disastro è scampato. Questo secondo capitolo si avvale di un ottimo cast perfettamente in parte e di una regia che sfrutta personaggi e interpreti. Non deluderà i fan, piacerà anche alle nuove generazioni.
Voto: 6,7