Recensione in anteprima – Venezia ’24 – In concorso – Terza regia per la regista olandese Halina Reijn che porta alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, in concorso, un’opera controversa e che farà sicuramente discutere. Con l’intento di minare le certezze e le consuetudini dei rapporti amorosi e sessuali la storia si dipana con molta confusione e ripetizione con messaggi anche pericolosi. Al cinema in Usa (e forse anche in Italia) dal 25 dicembre.
La storia
Romy (Nicole Kidman), una potente amministratrice delegata mette a repentaglio la carriera e la famiglia quando inizia una torrida relazione con un suo stagista (Harris Dickinson) molto più giovane.
La striminzita sinossi descrive tutto e, nello stesso tempo, niente di quanto avviene nel film. Non è possibile espandere questo riassunto in quanto in realtà “Babygirl” si basa essenzialmente su quanto vive la protagonista. Sono le sue emozioni, le sue voglie, i suoi dubbi, le sue paure, il suo imbarazzo e soprattutto la sua confusione che vengono ribaltate sul pubblico. Soprattutto la confusione, per certi versi, è la situazione in cui si potrebbero trovare gli spettatori.
Vecchie e nuove relazioni cambiano dietro la prospettiva di Romy così come i giochi di potere non mancano in quello che vuole essere un thriller anche psicologico ma che non si accende mai da questo punto di vista rimanendo nel torbido e nel voyeuristico.
Dinamiche conturbanti
Il rapporto tra Romy e Samuel è, sin da subito, eccitante e suscita, soprattutto in Romy, un certo tipo di turbamento. Il turbamento ha radici profonde dovute al fatto che le sue esigenze in materia sessuale non vengono pienamente soddisfatte dal marito. Come in realtà questo possa esplodere e affiorare dopo 19 anni di matrimonio non è dato sapere ed è uno, dei tanti, problemi di sceneggiatura o, se vogliamo, di logica del film.
Una donna in carriera, abituata a dirigere un’azienda e al potere non dovrebbe avere difficoltà a dirigere la sua vita, cosa che in realtà avviene grazie alle immagini che ci mostrano una famiglia felice, una casa molto grande e lussuosa con piscina, abiti e mobili molto dispendiosi, feste molto allargate. E’ poco credibile quindi, nella costruzione del personaggio che non abbia mai, in 19 anni, sollevato il problema dell’insoddisfazione e soprattutto delle sue particolari esigenze sessuali.
Le dinamiche tra i due sono frenate solo inizialmente dal tabù dell’età. Il film si concentra molto velocemente sulle parti più torride e sulle scene di sesso e di nudo. Volutamente al limite di una relazione sana e spesso sfocianti in una relazione tossica, di dipendenza sessuale che non viene minimamente giudicata. Punto forte quest’ultimo secondo quanto dichiarato dalla regista ma che potrebbe diventare un punto estremamente debole agli occhi di gran parte del pubblico.
Messaggi pericolosi
Arriva solo nel finale un messaggio costruttivo, nell’ultima scena. Appena in tempo per il film ma fuori tempo massimo per ristabilire un certo equilibrio e cambiare le sorti di un’opera che, invece, a causa di una sceneggiatura non brillante, rischia di veicolare e giustificare messaggi pericolosi.
“Babygirl” vuole assurgere all’esplicazione artistica dei desideri e delle libertà carnali di “Eyes wide shut” ma fallisce l’obiettivo preservandone solo le scene più torbide scatenando anche risate più o meno volontarie quando la scena diventa più simile alla pessima trilogia di “50 sfumature”. L’ottimo impegno della regista nel ricreare scene realisticamente molto spinte e che danno il senso dei desideri di Romy si confronta però con dinamiche di una relazione tossica dove i due interpretano a turno la parte del manipolatore e del manipolato con uno spiccato narcisismo di entrambi che dovrebbe far paura perchè si tratta di libertà che fanno male a coloro che stanno attorno alla coppia.
Poco spazio viene dato alle altre figure attorno ai due dimostrando una povertà di argomenti che rischia di ingabbiare la visione, far scaturire una repulsione per uno o entrambi i protagonisti, sviare totalmente da un’idea di fondo che poteva sicuramente essere sviluppata con maggior equilibrio. La buona interpretazione dei due attori e anche di Antonio Banderas (per tre quarti di film totalmente ed erroneamente ignorato) non bastano per rendere questo film sufficiente anche se avrà gli estimatori tra critici e pubblico.
Voto: 5,1