Recensione – Arrivato in Italia direttamente in streaming dopo essere stato acquistato da AppleTV+ per 25 milioni di euro, il film della regista Sian Heder ha ricevuto tre nomination agli Oscar oltre ad aver trionfato al Sundance Film Festival 2021. Il film è il remake dello straordinario film francese “La famiglia Bèlier”. Svolgimento identico in tante, forse troppe parti ma manca quel coinvolgimento emotivo autentico dell’originale.
La storia
La giovane Ruby Rossi (Emilia Jones), iscritta all’ultimo anno di liceo, trascorre i momenti liberi facendo da interprete ai genitori Frank (Troy Kotsur) e Jackie (Marlee Matlin) e al fratello Leo (Daniel Durant), tutti sordomuti, dimostrandosi un aiuto prezioso nella gestione dell’impresa di famiglia. Dopo essersi iscritta al coro della scuola, Ruby scopre un talento per il canto. Incoraggiata dal professor Bernardo Villalobos (Eugenio Derbez), il primo ad averne intuito le doti canore, la ragazza inizia a studiare per l’ammissione al prestigioso Berklee College of Music, trovandosi infine ad un bivio: seguire i propri sogni o restare fedele al senso di responsabilità verso l’amata famiglia.
La trama ripercorre in tutto e per tutto il film francese “La famiglia Bélier” di cui ne è un remake dichiarato. Cambiano alcuni particolari più o meno importanti: la famiglia Rossi vive di pesca rispetto all’allevamento/agricoltura della famiglia francese, la location è ovviamente americana e la cosa più importante è data dall’utilizzo di tre attori realmente sordomuti per interpretare i tre personaggi con questa disabilità.
Nella vicenda ha un ruolo fondamentale la figura del professor Bernardo Villalobos anche se appare un insegnante ancora più estremo e bisbetico di quanto la realtà dovrebbe presentare. Elemento importante è ovviamente la famiglia Rossi. Famiglia coesa fuori dagli schemi.
Il confronto
Come scritto il film della regista Sian Heder è un remake de “La famiglia Bélier” che nel 2014-15 ha raccolto molti premi in Francia e in giro per il mondo. Questo film francese è stato però criticato per non aver utilizzato attori realmente sordi nel cast. A ben vedere i due film, ora, si può dire che, sebbene la particolarità di avere persone sorde nel cast dia a “Coda” una felice particolarità in più, il livello recitativo rimane sempre alto e la differenza non si nota.
Questo però rimane forse l’unico campo nel quale il film di Sian Heder si avvantaggia rispetto al film originale e, sebbene “Coda” rimane un film che sta in piedi da solo e funziona egregiamente il confronto in altri ambiti risulta quasi sempre perdente.
“I segni del cuore”, così come appare nella dicitura italiana, presenta ampi spazi di silenzio dove la lingua dei segni (da cui il titolo con questo gioco di parole) la fa da padrona senza risparmiare una dialettica importante tra Ruby e i componenti della sua famiglia. Così come avveniva nel film francese.
Rispetto a quest’ultimo però la famiglia è meno centrale, “Coda” si concentra sulla protagonista Ruby e non approfondisce mai del tutto i diversi legami che si instaurano tra lei e le novità della sua vita.
Da dramma vestito da commedia a teen movie americano
“Coda, i segni del cuore” è più vicino a un teen movie di formazione tipicamente americano rispetto all’originale che è un dramma che si tramuta in commedia molto più nelle corde della produzione francese. Infatti questa operazione di remake a così breve distanza fanno ritornare in mente quelle prodotte, recentemente. Basti pensare a “Intouchables – Quasi amici” del 2011 che vanta ben tre remake: “Inseparables” argentino, “Oopiri” indiano e il fallimentare “Sempre amici” statunitense. Oppure a “Giù al nord” che ha un remake tutto italiano “Benvenuti al sud” identico nello svolgimento e con anche tra il cast Danny Boon, autore e regista del film originale.
La moda, la volontà di riproporre film francesi (in questo caso) di successo a così breve distanza non sempre porta novità oppure viene proposto in maniera egregia. Spesso non si aggiunge niente limitandosi a calare in una realtà più vicina al pubblico locale il tema del film. “Coda, i segni del cuore” assolve bene questo suo compito. Regia e cast si comportano in maniera ottimale ma la sceneggiatura rimane fortemente, forse troppo, al film originale mancando di quella sorpresa che era propria del film francese.
CODA
Inoltre, “Coda” in diversi momenti non riesce a creare quell’empatia che “La famiglia Bélier” crea con lo spettatore. Nel film francese si piange e ci si commuove genuinamente mentre nel film americano difficilmente ci si commuove confermando, ancora una volta, la particolare maestria dei francesi a produrre film che parlano di temi sociali con ironia e tatto.
Persino la scena finale, totalmente identica all’originale non riesce a sortire l’effetto voluto e il film scivola via. Ben fatto, ben realizzato, con un’ottima sceneggiatura (in parte ereditata) e con un ottimo cast. Il film ha ricevuto tre nomination agli Oscar.
In ultimo sveliamo il significato di CODA (titolo originario), si tratta dell’acronimo “Child of Deaf Adult” ovvero “Figlio di un adulto sordo”.
Voto: 6,5