Serie tv – Hollywood è la nuova serie tv targata Netflix disponibile in sette episodi dallo scorso 1 Maggio 2020. Il regista è Ryan Murphy, noto al pubblico per altre serie tv come Glee, American Horror Story e The Politician, ci regala ora con Hollywood una sua visione utopica, come se ci trovassimo all’interno di una fiaba, di quello che è stato il cinema durante la fine degli anni ’40 nella città dove i sogni si possono avverare: Hollywood. 

L’intreccio della fiaba

Ci troviamo a Tinseltown, nome fittizio e dispregiativo della celebre Hollywood, nel 1947. Davanti ai cancelli della casa di produzione Ace Ventura si presentano ogni giorno centinaia di persone ben vestite con la speranza di varcare quella porta per un ruolo di comparsa retribuito 10 dollari al giorno.

Il desiderio di fama e successo si legge negli occhi di tutti ed in particolare in quelli di Jack Castello (David Corenswet), giovane ragazzo da poco rientrato dal servizio militare che sogna di essere una star del cinema, ma la sua realtà è ben diversa: non riesce neanche a permettersi una casa e vive con lo stipendio da cameriera della fidanzata, che aspetta due gemelli. Tutto questo lo poterà a prestare servizio presso un distributore di benzina che nasconde in realtà un giro di favori sessuali a pagamento gestito da Ernie West (Dylan McDermott), capo di questo circolo che fa chiamare Dreamland.

Alcune conoscenze ottenute in questo contesto permetteranno a Jack di entrare negli studi di Ace Ventura e farsi notare fino ad essere scritturato in un film di nuova produzione: Meg.

Il cast, il regista e lo sceneggiatore di Meg sono in realtà tutti ragazzi alle prime armi che si troveranno ad affrontare non pochi problemi per la produzione del loro film legati al tema trattato ed al fatto che lo sceneggiatore e l’attrice protagonista siano di colore. 

Il regista Ryan Murphy propone una serie con protagonisti afroamericani, parla ampiamente della questione omosessuale e mette al comando della casa di produzione una donna che promuove coraggiosa le sue scelte, regalandoci risvolti positivi ed inaspettati del tutto utopici per il periodo storico narrato ricco invece di corruzioni ed ipocrisia.

Per questo si parla di “fiaba”, nel cinema del dopoguerra tutto ciò infatti sarebbe stato possibile solo in un sogno.

Il confine tra realtà e finzione

Il regista si serve di personaggi a metà tra realtà e finzione per creare tutto quello che avevamo bisogno di vedere in questo periodo: speranze e lieti fini.

I personaggi sono frutto di uno sviluppo della sceneggiatura molto buono e risultano completi e complessi, il cast è altrettanto molto capace a dar vita ai ruoli assegnati probabilmente forti di aver già lavorato con il regista Ryan Murphy come il caso di David Corenswet (Jack Castello), presente in The Politician, Dylan McDermott (Ernie) in American Horror Story, Darren Criss (Raymond Ainsley) che troviamo in Glee e American Crime Story, Patti LuPone (Avis Amberg) in Pose.

I personaggi di questa serie tv sono molti, ma tra loro non c’è un protagonista, la protagonista è infatti “Hollywood” vista come le speranze, gli sforzi ed i sacrifici fatti per conquistarla.

Un’altra particolarità è che alcuni dei personaggi sono davvero esisti o perlomeno traggono spunto da qualcuno veramente vissuto; la loro storia è poi romanzata dalla narrazione. Tutto ciò porta un tono storico alla vicenda, che il regista tiene a dare nonostante gli eventi siano immaginari e buonisti.

Quello che troviamo di più reale è sicuramente Meg, la sceneggiatura che si troveranno a girare è infatti tratta da una storia drammatica e vera: quella di Peg Entwistle.

Ci troviamo nel 1932 quando la ragazza si gettò dalla lettera “H” della scritta “Hollywoodland”, (un tempo era questa a padroneggiare le colline della città), a seguito di una delusione lavorativa. La sua scena in un film di prossima uscita era stata tagliata e la ragazza dalla disperazione vedendosi infranti i sogni di una vita, si gettò dalla scritta. Peg Entwistle diventò il simbolo delle vittime del crudele sistema cinematografico.

Oltre a lei troviamo Hattie McDaniel, (nella serie Queen Latifah), la prima donna afroamericana a vincere l’Oscar come miglior attrice non protagonista per Via Col Vento nel 1940. Nonostante la vittoria nella serie si parla di come fu vittima anche in quell’occasione di discriminazione razziale.

Anche Anna May Long è davvero esistita, nota per essere stata la prima attrice cinese nell’industria cinematografica americana, divenne celebre negli anni ’20, anche se i ruoli che interpretava erano sempre molto legati alle sue origini orientali, stanca di questa etichetta scelse quindi di spostarsi in Europa, dove ebbe una carriera più vasta che spaziò dal teatro, cinema, tv e radio.

Altro personaggio reale è quello di Henry Willson, (nella serie Jim Parson), ricordato come tra i più noti agenti di star dell’epoca.

Una particolarità: chi faceva parte della sua scuderia era con molta probabilità omosessuale, non che ci fosse nulla di male, quello per cui era noto era però il fatto richiedesse favori sessuali in cambio di possibilità lavorative, e di certo nella realtà non avrebbe mai fatto outing piuttosto che prodotto un film a tema omosessuale, avendo sempre tenuto nascosta la sua inclinazione.

Addirittura costrinse Rock Hudson, uno dei suoi clienti, (nella serie Jack Picking ), a sposare la sua assistente per far tacere i dubbi riguardo l’omosessualità del ragazzo così da preservarne la carriera e garantirgli un futuro di successi.

Rock Hudoson fu tra gli attori più celebrati degli anni ’50 e ’60, ricordato per il suo fascino, ma non di certo per le sue doti recitative: si diceva che nel suo film di debutto, Falchi in picchiata, ci vollero ben 38 ciak prima di considerare buona la battuta.

Un riferimento a questo episodio è stato inserito anche in Hollywood dove si vede come svolse a fatica il provino per Meg, riprovando più e più volte la scena assegnatagli.

Nella serie appaiono per un breve momento anche l’attrice Vivien Leigh ed il regista George Cukor, entrambi davvero esistiti.

Ci troviamo in casa del regista dove è stato organizzato un party. Nel corso di una conversazione tra i due viene spiegato come George Cukor sia stato sostituito con Victor Fleming a seguito di uno scontro con il produttore David O. Selznick. Il film a cui si fa riferimento è chiaramente Via Col Vento.

In un’altra piccola scena l’attrice parla di un momento di crisi con il marito, (con cui davvero attraversò un momento negativo), mentre si lamenta del suo rapporto la vediamo sistemare una collezione di bracciali, gesto che fa riferimento agli attacchi maniacali dell’attrice, di cui realmente soffrì, assieme alla forte depressione.

 

Ryan Murphy si schiera con il movimento “MeToo”

Quel che è bello in questa serie tv è che ai tempi dello scandalo Weinsten, Ryan Murphy si schiera apertamente a favore del Me Too e lo fa mettendo come protagonisti degli uomini vittime di debolezze ed abusi, e non delle donne come siamo soliti vedere, mostra quindi come anche gli uomini siano vittime di determinate dinamiche e come ogni orientamento sessuale possa trovare una via di abuso se chi detiene il potere lo sfrutta in maniera viscida ed opportunista.

Il regista si schiera quindi dal lato di questo movimento e ne lancia un messaggio a gran voce.

Un lungometraggio travestito da serie tv

Una particolarità di questa serie tv è che alla fine di ogni episodio troviamo un “cliffhanger” cioè un espediente narrativo che conclude le puntate in maniera brusca così da spingerci a passare subito all’episodio seguente. 

Attenti però a non farvi ingannare, in realtà sono solo dei piccoli incipit che si risolvono nei primi minuti della puntata successiva e che non rappresentano un vero e proprio punto di svolta nella trama; sono creati per incuriosirci, ma d’altronde, trattandosi di una serie televisiva, perché disdegnarli, anzi, la tecnica utilizzata in fase di sceneggiatura è molto buona e scosta questa serie da molti altri prodotti andando a creare un vero e proprio espediente cinematografico. Grazie anche a questo a fine visione ci sembrerà di esserci trovati davanti ad un film , essendo una fiaba auto conclusiva ed assolutamente cinematografica dal punto di vista tecnico.

Infatti troviamo costumi fedeli al tempo storico così come le location, accuratamente ricostruite e messe a punto per trasmettere il senso di lusso e sfarzo che caratterizzava l’industria cinematografica hollywoodiana del dopoguerra. 

Dreamland

E’ chiaro che questa serie tv contenga un’ampia dose di buonismo ed irrealtà di fatti, ma una volta chiarito che non si tratta di una serie storica non c’è nulla di male a goderci lo show fantasticando su come sarebbero andate le cose se il mondo, durante gli anni d’oro del cinema, fosse stato più coraggioso nelle sue scelte.

Non a caso la scena conclusiva del film è ambientata a Dreamland ed è quindi il regista stesso a rievocare questo messaggio onirico.

E voi, cosa sognereste se vi trovaste ad Hollywood?

Voto 7

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