Recensione in anteprima – Torino 37 – Festa Mobile – Quindicesima regia per Bill Condon che porta al cinema il romanzo di Nicholas Searle. Una storia di intrighi che affondano le radici nella storia della seconda guerra mondiale. Un film retto soprattutto dalla prova dei due attori protagonisti: una formidabile Helen Mirren e un enigmatico Ian McKellen. Al cinema dal 5 dicembre.

La storia

Roy (Ian McKellen) e Betty (Helen Mirren), ottuagenari, si incontrano grazie a un sito di appuntamenti per la terza età. Tra i due scatta immediatamente un’intesa, che li porta a confessare l’uno all’altra di aver fatto ricorso a qualche bugia. Ma ad essere svelata è solo la punta di un iceberg: Roy vive infatti di raggiri e truffe ai danni di facoltosi e sprovveduti investitori e non rivela niente di tutto questo a Betty. Anzi, continua a mentirle sistematicamente per potersi avvicinare ulteriormente a lei.

In realtà questa è la storia che impacchetta una serie di altre storie che il film cerca di spiegare nei 109 minuti dell’intera durata della proiezione. E’ una durata molto bassa per poter approfondire tutte le vicende che il film apre e questo pesa non poco nella rincorsa continua ai cambiamenti di fronte e ai passaggi tra presente e passato.

La regia cerca anche di spaziare tra diversi generi. La commedia lascia spazio al sentimento che poi lascia spazio al thriller, e poi ancora sentimento, commedia, ambientazioni storiche, intreccio simil spy-story e tanto altro. Troppo in poco tempo.

Di soldi, bugie e amori

L’elemento che affiora molto spesso sin dalle prime inquadrature e scene che vedono coinvolto Roy è il denaro. I soldi muovono Roy all’interno dell’intera vicenda e sono sempre i soldi che spingono Roy a creare bugie sempre più elaborate e collaudate per poter raggiungere l’obiettivo.

Ma Roy più o meno inconsciamente si deve confrontare anche con una sorta di infatuazione. Un sentimento che forse non aveva previsto ma che debolmente e via via sempre più prepotentemente si incunea nel subconscio del protagonista.

Nonostante la sceneggiatura e la regia vogliano sempre lasciare alla commedia (a tratti sentimentale) l’operazione di “impacchettare” scene e azioni, ciò che emerge è chiaro allo spettatore. Purtroppo il limite del film è proprio nell’essere chiaro, fin troppo eloquente. I colpi di scena così risultano poco efficaci. Cosa non da poco per il gioco di intrecci e di mistero che si vuole rappresentare sin dal titolo del film (originale o italiano che sia)

Il finale (come da programma)

Si giunge quindi a un finale abbastanza telefonato. Regia e sceneggiatura, in questo caso, sembrano essere anche abbastanza abili a camuffarlo per tutto l’intero film ma è il troppo camuffamento che insospettisce via via lo spettatore. Un gioco riuscito al contrario.

Il continuo passaggio tra presente e passato, benché rispondano a tutte le domande che lo spettatore si fa (ma proprio tutte) annacquano intere scene. “L’inganno perfetto” arriva ad essere un buon film con finale già programmato e che eccelle solo nelle due prove dei due attori protagonisti.

Non che Ian McKellen e Helen Mirren abbiano bisogno di ulteriori grandi interpretazioni per rafforzare la loro carriera ma non può solo la loro prova rendere indimenticabile un film che altrimenti, con altri attori, probabilmente non avrebbe raggiunto l’attesa e lo spazio che avrà.

Voto: 6,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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