Recensione in anteprima – Tim Burton riporta in sala un classico dell’infanzia di tutti: “Dumbo”. La storia rimane di fondo la stessa, il classico tocco del regista non si vede quasi mai, il risultato si discosta molto dall’originale e non poteva essere altrimenti. Dopo quasi 80 anni, uno dei classici Disney, una delle storie più amate al mondo rivive in live-action, commuove e ci fa pensare anche più di prima. Al cinema dal 28 marzo.

La guerra è finita e Holt Farrier (Colin Farrell) ritorna a casa, al suo circo, e ai suoi due figli, Milly (Nico Parker, figlia di Thandie Newton) e Joe (Finley Hobbins). Ha perso un braccio, la moglie, il suo numero coi cavalli, e anche il resto della compagnia non se la passa molto bene. Il direttore, Maximilian Medici (Danny De Vito), punta sul cucciolo di elefante in arrivo, ma, alla nascita del piccolo di mamma Jumbo, rimane interdetto e furioso, a causa delle sue orecchie fuori misura. Milly e il fratellino, invece, si affezionano al piccolo dagli occhi azzurri e scoprono che, dietro l’handicap apparente, nasconde una straordinaria abilità: se stuzzicato da una piuma, Dumbo (questo il vezzeggiativo che il pubblico affibbia all’elefantino) può volare! Lo scoprirà anche il furbo imprenditore Vandevere (Michael Keaton), e allora per Dumbo e i suoi amici inizieranno i guai.

Manca a tutti qualcosa

E’ difficile non fare un paragone tra questo film “Dumbo” e il suo omonimo del 1941. E’ facile capire che le condizioni di produzione, sociali, ambientali e quant’altro allora erano nettamente diverse da quelle del ventunesimo secolo. La Disney, nel 1941, complice la guerra e il flop di incassi a fronte del budget speso di “Fantasia”, aveva bisogno di un film semplice e a basso costo per risollevarsi. “Dumbo” nacque così, da una storia semplice, destinata a un cortometraggio poi allungato fino a 64 minuti, che, per gli standard odierni, risulta essere un “mezzo film” considerate le durate ormai medie vicine alle 2 ore.

Nel 2019, una delle prime cose che appare evidente nel film di Tim Burton è rappresentata dal fatto che gli animali non parlano. Il live-action immerge gli attori in un film che vuole assomigliare a un cartone nei colori, nei contrasti di luce, nei paesaggi ben definiti. C’è molta computer grafica e la ricostruzione in CGI di Dumbo è spettacolare.

Manca Timoteo, il topolino, e la sua assenza si sente. Collante naturale del film del 1941, diventa una comparsa. Scompaiono i tanto chiacchierati corvi mentre altri elementi e snodi fondamentali del cartone tanto amato si ripresentano in modo diverso e coerente.

Ad ogni personaggio umano e animale manca qualcosa. A Holt manca fisicamente un braccio, manca la moglie, persa per malattia, mancano i suoi cavalli perché son stati venduti. Ai piccoli Milly e Joe manca la loro madre. A Milly manca una vita da studentessa di scienze. A Maximilian Medici manca il fratello, alla sirena il suo mare, a Colette (Eva Green) l’amore. A Dumbo, lo sappiamo, mancherà la vicinanza della madre.

Tutti una grande famiglia

“Siamo una grande famiglia, anche i più piccoli”

L’accettazione di Dumbo nella grande famiglia del circo Medici parte dai più piccoli (come fu ai tempi per Timoteo): i fratelli Milly e Joe. La relazione tra Milly e Dumbo, in particolare, è, forse, la connessione più riuscita del film.

Scarno di approfondimenti sui personaggi, “Dumbo” è un film che vuol far volare la fantasia a piccoli salti. La messa in scena di Tim Burton è eccezionale ma non è supportata da una sceneggiatura adeguata. Non è certamente un film “alla Burton” perché solo poche volte l’aspetto dark, cupo o comunque nelle corde del regista del fantastico vengono chiamati in causa. Ma c’è più Burton di quanto si riesce a vedere, che ricorda in parte “Big Fish” con la voglia di raccontare una storia di rivalsa di “Big Eyes”

Chi vuol rubare i sogni

“Devi provare interesse altrimenti non meriti di sapere”

Milly, ha il sogno di diventare scienziata. Diversi sono i sogni e i desideri di ogni personaggio. Purtroppo vengono solo accennati, purtroppo vengono introdotti un po’ in secondo piano. L’interesse di cui parla Milly è la curiosità di conoscere: un fenomeno, una cosa, una persona. Conoscere è capire il meraviglioso mondo, oltre le difficoltà che la vita ti mette davanti, oltre gli scherni e le risate di chi guarda solo alla tua apparenza (le orecchie di Dumbo, l’essere ragazza per Milly, l’essere invalido per Holt, ecc).

Quando Dumbo vola, volano alto anche i sogni, in scene liberatorie e verso la libertà. E’ facile trovarsi a commuoversi e tifare in un immancabile scivolamento verso il sentimentalismo anche un po’ spinto.

V.A. Vandevere, nonostante un comportamento alquanto discutibile nel finale, nonostante la sua “Dreamland”, è un ladro di sogni per l’unico vero obiettivo: il denaro. Se qualcuno ci vuole guardare anche una velata polemica verso il mondo del cinema che sembra rubare i sogni degli autori per favorire il denaro e il commercio del film, probabilmente ci azzecca non poco.

Dumbo, ET, Nemo

“Il mondo è un grande circo che ride di te”

Ogni giorno, nel mondo, è più facile guardare l’apparenza e mai la sostanza. Giudicare il difetto per paura di riconoscere il pregio e per l’incapacità di voler conoscere le qualità dell’altro.

Il “Dumbo” del 1941, nella sua semplicità, è chiaramente il riscatto di chi riesce a ribaltare il proprio difetto per farne forza. La stessa cosa avviene, ovviamente nel “Dumbo” targato Tim Burton ma è anche presente in tanti altri film.

L’affetto tra Milly e Dumbo è simile e allo stesso tempo l’evoluzione del rapporto che si può trovare tra Gertie e il mostro alieno (per tutti ma non per i piccoli amici del film) E.T.. E l’alieno fa volare come vola Dumbo cavalcato da Milly e Joe, quasi fossimo ne “La storia infinita”. Infine come non ricordare “Nemo”, il piccolo pesce con una pinna più piccola del normale.

“Dumbo” di Tim Burton diverte e rispetta il cartone originale. Si aggiorna ai temi, alle tempistiche e alle dinamiche dei nostri giorni e non sempre affascina. L’eccessiva lunghezza, qualche passaggio poco logico (auto, persone, animali volanti che arrivano in uno stesso posto a pochissima distanza di tempo) e una sceneggiatura abbastanza debole minano forse eccessivamente la magia di un film che merita invece di essere apprezzato.

Voto: 6,6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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