Recensione in anteprima – Roma 13 – Selezione ufficiale – L’ultimo documentario di Michael Moore è un affresco liberale e anticonservatore che non prende di mira solo l’amministrazione degli Stati Uniti, ma anche le politiche dei Democratici e dei Repubblicani che hanno portato all’attuale situazione politica. Al cinema dal 22 ottobre.

Dal regista premio Oscar Michael Moore arriva il film che racconta tutta la verità su quello che ci sta per accadere. Uno sguardo provocatorio e sarcastico sull’epoca in cui viviamo. Dopo “Fahrenheit 9/11″, il vincitore della Palma d’Oro, Michael Moore sposta la sua attenzione su un’altra significativa data, il 9 novembre 2016, giorno in cui Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Stati Uniti.

Come è potuto accadere?

Il documentario, il decimo del regista nato a Flint, parte con le immagini della serata di votazioni dell’8 novembre. Serata durante la quale tutti gli esperti davano per sicura la vittoria di Hillary Clinton.

“I Democratici erano così sicuri delle vittoria che le prime bottiglie si stapparono ancora prima delle prime proiezioni”

Al raduno dei Democratici si respira infatti già aria di vittoria, visi commossi, entusiasti, sorridenti per quella che si annuncia come una nottata storica per l’America. Nel quartier generale dei Repubblicani invece i volti erano molto più tesi, contriti.

“… Trump non aveva nemmeno un discorso pronto, penso che quella possa essere definita la festa della vittoria più triste della storia”

Ed infatti, quando Donald Trump si aggiudica la vittoria, le immagini del documentario mostrano come l’inaspettato momento colga tutti di sorpresa. Le facce sono soddisfatte ma non c’è l’euforia che ci si aspetta.

Tutto questo in “Fahrenheit 11/9” appare prima dei titoli di apertura che lanciano la domanda “come è potuto succedere?”. Per il documentario di Michael Moore questo spiega. Cerca di indirizzare lo spettatore sulle cause vere di un’elezione imprevista di un presidente accusato (a ragione) di razzismo, misoginia, e di avidità.

Fortemente critico con il “personaggio Trump”, Moore non risparmia nessun attore della politica americana. Ricerca le colpe e i passi falsi anche nelle file dei Democratici. Ascolta la popolazione sulla politica ma, soprattutto, sulla realtà della vita di tutti i giorni, quella realtà dalla quale la politica si è allontanata notevolmente.

Perdersi in un bicchier d’acqua

Nel 2016, qualche mese prima dell’elezione di Donald Trump alla casa bianca, il presidente Barack Obama fa visita alla cittadina di Flint, luogo di origine del regista Michael Moore. La città ha un grave problema idrico, a lungo taciuto dal governatore del Michigan Rick Snyder (Repubblicano). La sua politica, una volta eletto, qualche anno prima, è stata quella di costruire un nuovo e inutile acquedotto prelevando l’acqua da un film inquinato per favorire e portare l’acqua “buona” agli industriali per i loro impianti.

Adulti e bambini si sono così ammalati a causa della presenza di piombo nell’acqua. Valori tra l’altro falsificati tanto da avere situazioni in cui bambini in realtà sono malati ma i genitori non lo sanno. L’intervento di Barack Obama è visto dalla popolazione come il “Messia” che, finalmente, dopo anni di abbandono e di desertificazione della città, riporta un po’ di giustizia. Ma questo non avviene anzi Obama si rende protagonista di con la squallida scena (ripetuta due volte) col “bicchiere d’acqua”, acqua di Flint che accenna a bere quasi a certificare la ritrovata bontà. I due bicchieri non verrano mai bevuti.

Gli elettori non “bevono” la scena. Si sentono presi in giro e si allontanano dai Democratici che Obama rappresenta. E’ questo uno dei passaggi, che arrivano dopo una ricostruzione del caso “Flint” in maniera accurata e che lascia lo spettatore attonito per quanta avidità viene sprigionata da Rick Snyder e per quanta morte viene seminata con della semplice acqua contaminata.

Accuse a destra e sinistra

“Fahrenheit 11/9” prende in esame, da destra a sinistra, dai Democratici ai Repubblicani, alcuni passi salienti della politica e della società di questi ultimi anni. Non risparmia nessuno e, anzi, in alcuni passaggi forse un po’ troppo focalizzati sulla morbosità sessuale/incestuosa di Donald Trump, rivela lo scostamento per opportunismo, lobby, ipocrisia della politica dalla vita reale della gente.

“Donald Trump non è caduto dal cielo”

Infatti Michael Moore descrive come Donald Trump sia stato l’uomo giusto al momento giusto per la situazione in cui l’America (e il mondo) si trova ad essere. Un male certo, ma con la complicità di Democratici e Repubblicani che han spianato la strada a un’eventualità simile.

Il forte sogno di un’America guidata per la prima volta da una donna ha fatto falsificare i risultati delle primarie dei Democratici che avevano visto vincere Bernie Sanders nella maggioranza delle contee. I compromessi dell’amministrazione Bill Clinton hanno spinto i Democratici a schierarsi dalla parte di banche e finanziatori a discapito dei lavoratori e degli operai. La politica di espulsione di Barack Obama ha decretato il più grande respingimento di immigrati nella storia della nazione. L’apatia di tutta una classe politica, solitamente vicina al popolo ha decretato l’allontanamento della gente dalla politica generando un incremento sostanziale di astenuti alle elezioni.

“Non esiste il partito Repubblicano esiste il partito di Trump”

Le colpe dei Repubblicani si possono trovare nell’assoluta sottovalutazione della candidatura di Donald Trump che ha usato il partito sbaragliando e attaccando i propri avversari grazie alla spudorata sfacciataggine e alla dirompente concretezza.

La speranza nei giovani

Ma esiste una speranza. La speranza è targata “giovani”. Negli ultimi mesi prende sempre più piede un movimento di protesta spontaneo creato da giovani studenti, lavoratori sempre più precari, membri di scuole e atenei. Un moto di ribellione verso la politica tutta che non rappresenta più la totalità del paese e le sue esigenze. E allora lo spettatore si commuove quando a prendere la parola sul palco è una giovane che accusa le lobby delle armi, che accusa il governo di essere troppo permissivo da questo punto di vista dopo l’ennesima strage a scuola causata da un troppo facile reperimento di armi da parte dei cittadini.

Appare un po’ forzato l’accostamento Hitler/Trump anche se è ben congegnato a livello cinematografico. Quello che appare meglio presentato è la ripetitività della storia. E’ chiaro che la storia non si possa ripetere nello stesso modo rispetto al passato ma non è da sottovalutare la ripresentazione di momenti bui della storia sotto altre forme con altri interpreti. Molto interessante, a questo scopo la scala “Dispotismo/Democrazia”, alcuni segnali possono dare l’allarme per uno spostamento verso il dispotismo allontanandosi così dalla democrazia.

Io sono il presidente degli Stati Uniti e voi no”

(Marchese del Grillo Style)

Voto: 7,5

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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