Recensione in anteprima – Quindicesimo lungometraggio per il regista Hiroyuki Tanaka, in arte Sabu. Un film che ha partecipato con buon riscontro di critica al 67° Festival di Berlino (2017). Finalmente, dopo oltre un anno, questa coproduzione tra Giappone, Taiwan, Honk Hong e Germania giunge nelle sale italiane. Un film emozionante per molti versi e carico di immagini potenti. Dal 29 agosto al cinema.

Mr. Long è un killer senza scrupoli che ha seminato di morti le strade di Taiwan. Gli viene ora commissionata una uccisione a Tokyo per la quale è come sempre pronto. Questa volta però le cose non vanno come previsto e il killer viene ferito. Costretto a cercare un rifugio tra delle baracche di periferia si risveglia al mattino con davanti un bambino che lo aiuta ma gli chiede a sua volta soccorso: la mamma è tossicodipendente e non riesce più a prendersi cura di lui.

Mano che ferisce, mano che aiuta

Sabu non lascia quasi mai il suo personaggio principale. La sua macchina da presa lo segue dalla sua prima apparizione, pochi minuti dopo l’inizio del film, fino alla scena finale. Nel mezzo, un breve, veloce, toccante riassunto della vita di Lily (la bella e brava Yao Yiti). La giusta dimensione di una folgorante storia d’amore caduta in disgrazia.

La mano del killer Long è micidiale, precisa, perfetta non lascia scampo all’avversario di turno. Long è un killer e lo dimostra soprattutto nella prima parte del film. Ma quella mano sa anche aprirsi a soccorrere un bambino, Jun (un fenomenale Bai Runyin) e sua madre Lily. Mano che si fa arte culinaria, mano che aiuta l’animo di Long ad essere costruttivo nel suo periodo di apparente apatia verso il mondo che, in qualche modo l’ha escluso.

Escluso tra gli esclusi Long sperimenta l’accoglienza fragorosa dei giapponesi, di una famiglia che non ha mai avuto. Non è la sua famiglia, ma cerca, inconsapevolmente di costruirne una per quanto bislacca e sbilanciata. Momenti, attimi di contenuto entusiasmo e celata serenità.

La tartaruga e lo scorpione

Un’antica favola indiana recita di uno scorpione che doveva attraversare un fiume. Gli scorpioni non sanno nuotare, consapevole di questa limitazione, lo scorpione chiede a una tartaruga lì vicina di poterlo portare sopra di lei. La tartaruga ha paura del morso dello scorpione durante l’attraversamento e viene convinta solo dal fatto che morirebbe anche lo scorpione in questo caso. Ad un certo punto del tragitto però lo scorpione chiede scusa perché punge la tartaruga. Quest’ultima chiede perché e la risposta dello scorpione è:

“E’ la mia natura”

Benché Long si rifugi in un posto lontano dalla folla e nei bassifondi giapponesi, non sfugge alla parte “buona” del suo essere, la tartaruga. E nonostante la sua parte buona riesca ad allacciare rapporti veri e concreti, lo scorpione è sempre in agguato. Tutto il film sembra ricalcare, a tratti la vicenda della favola, con fiume (moderno), nella parte finale, compreso.

Con un mix di generi sfruttato a dovere, Sabu riesce ad attraversare tutta la vicenda passando dal thriller alla commedia sentimentale, dal romanzo di formazione di un bambino (e di un uomo) alla più sottilmente divertente commedia farsesca. Per non dimenticare poi un “on the road” sui generis e un “Kitchen movie” d’estremo oriente.

Il distacco infinito

Il regista, coadiuvato da un’eccellente prova di Chang Chen, riesce a portare all’attenzione la vicenda di Long. “Mr Long” inizia con un distacco totale di Long rispetto ai suoi omicidi. Non può essere altrimenti. Quando le cose vengono fatte con la concentrazione necessaria da non farsi coinvolgere emotivamente allora il lavoro riesce perfetto, anche il più inopportuno e deprecabile.

Questo è quanto appare allo spettatore nella prima parte del film. Un distacco che prosegue e che viene ben incarnato da Chang Chen presentandoci un Mr Long estremamente solitario, il risultato di una lunga sfilza di ingiustizie che possiamo solo ipotizzare e che non ci sono mai rivelate.

“Mr Long”, il film, appassiona, commuove, coinvolge lo spettatore in una fotografia cruda e immersiva, piena di colori e calore ma anche con tanto freddo e desolazione. Un continuo contrasto che non sposta l’animo di Long in maniera repentina, lo avvicina passo passo verso una condizione più umana senza banalizzare nulla e senza dare per scontato nessuna delle scene.

Se il film ha un difetto, forse, è da ricercarsi sull’eccessiva lunghezza, soprattutto nella parte finale che presenta un doppio finale, il secondo, assolutamente evitabile. “Mr Long” è un film da vedere assolutamente che, purtroppo, vista la provenienza e il cast non di grido ma incredibilmente bravo, verrà relegato in poche decine di cinema.

Voto: 8,1

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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