Recensione – Nell’ormai lontano 2008, andava in onda su MTV Death Note, uno degli anime più influenti anche nella cultura occidentale, un vero cult. Esso è l’adattamento del manga creato dai fumettisti giapponesi Tsugumi Oba e Takeshi Obata; un’opera composta da 108 capitoli pubblicati tra il 2004 e il 2006, convertiti in 37 episodi di un anime oggi disponibile sulla piattaforma Netflix. Cerchiamo di analizzare gli elementi che lo hanno contraddistinto.

“L’umano il cui nome viene scritto su questo quaderno morirà.” Prima regola del Death Note

L’avvincente trama originale

La vicenda narra di Light Yagami, studente modello (il migliore del Giappone), ragazzo responsabile e ben educato, destinato ad una carriera di successo. Egli è però apatico e annoiato dalla quotidianità; si estrania dal proprio contesto sociale, incapace di trovare qualcosa in grado di accendere il suo interesse nella realtà che lo circonda.

La sua vita cambia quando dal cielo piove un quaderno, il Death Note, che presto scopre appartenere ad uno Shinigami (un Dio della morte), che dal suo mondo lo ha lasciato cadere sulla terra semplicemente perché si annoiava e gli umani ‘sono uno spasso’. Light realizza immediatamente che il quaderno serve a togliere la vita alle persone il cui nome venga scritto su di esso; vi sono inoltre scritte molte regole circa il suo utilizzo.

Light si convince di avere la possibilità di cambiare il mondo, di poter eliminare il male da esso togliendo di mezzo i criminali dalla faccia del pianeta. Egli vuole divenire un Dio in terra, costruendo una società nuova e sana, nella quale chi perpetra il male abbia i giorni contati.

Elle

I piani di Light (chiamato Kira dalla popolazione mondiale, dalla versione giapponese di killer) si complicano fin da subito. Entra infatti in scena L (elle), un giovane e geniale detective deciso ad assicurare l’ennesimo criminale alla giustizia. L’opera entra nel vivo grazie allo scontro fra Kira ed L; personaggi così magnificamente caratterizzati, da diventare immediatamente iconici.

Il magnetismo di Light permea le sue azioni e le sue parole, tanto da rendere labile il confine tra bene e male, in quanto egli dovrà ben presto trasformarsi in ciò che voleva distruggere al fine di ultimare il suo piano iniziale. Elle è probabilmente uno dei migliori personaggi manga mai realizzati. Questo singolare ragazzo dimostra un’intelligenza e un istinto fuori dal comune, non a caso realizza che Kira deve essere Light, nonostante non riesca a provarlo immediatamente.

Lo scontro fra L e Light vive di continui colpi di scena, mosse e contromosse in una partita a scacchi (o meglio tennis, visto che i due si sfidano proprio in questo sport) che vede come unica soluzione finale la morte di uno dei due. La vicenda consta di crescendo narrativi e di intrecci tra i numerosi personaggi, basti citare l’innamorata di Light Misa Amane, il poliziotto padre di Light e l’intera task force nipponica che collabora con elle.

“È tutta una farsa. Tu non potresti essere Kira. Tu SEI Kira.”  L rivolto a Light

I punti di forza della serie

I 37 episodi di cui è composta la serie vivono di alti e bassi, l’ultima parte può risultare inferiore alla prima, ma nel complesso essi scorrono senza intoppi. Non sono presenti filler inutili e la storia principale avanza con costanza, orchestrata meravigliosamente.

Importanza enorme ricoprono i nomi, specialmente quello dell’eccentrico e asociale detective L, tradotto nella versione semplicemente elle, il cui vero nome è L Lawliet (pronunciato Low Light). Una curiosità è insita nei nomi con i quali sono identificati i poliziotti di tutto mondo in conferenza stampa con L nel secondo episodio, sono infatti quelli di famosissimi calciatori internazionali.

“Death Note” vive di simbologia mistica: passiamo dagli dei della morte, propri della cultura orientale, ai testi biblici e dunque alla tradizione cristiana. Basti pensare all’immagine presente nella sigla in cui Misa tiene Light in braccio replicando la posa de La Pietà. I continui riferimenti alle croci e alla trinità, o alla scena nella quale L asciuga i piedi bagnati di Light, che evoca esplicitamente la lavanda dei piedi di Cristo. Tutto ciò condito dalla mela, il frutto preferito dagli dei della morte (che non avrebbero bisogno di nutrirsi) e simbolo universale del peccato e dell’allontanamento da Dio.

Curiosità e reboot

Per gli appassionati della storia è stato prodotto un episodio fantasma: inedito in Italia, esso mostra lo shinigami Riuk intento a raccontare ad un suo pari la storia di Light Yagami, alla quale egli presta attenzione fino a poco prima della fine; sul suo aspetto e i suoi abiti i fan hanno costruito numerose teorie, come di certo voleva chi lo ha realizzato.

Inoltre, sono stati realizzati dei live action della stessa vicenda, di cui uno ambientato dieci anni dopo ciò che mostra la serie. Netflix stessa nel 2017 ha prodotto e realizzato il primo film USA circa “Death Note”. Questo film viene citato per dovere di cronaca, in quanto la visione dello stesso è sconsigliata a chiunque: stravolge la storia originale, pecca nella fase realizzativa quanto in quella attoriale. Un osceno tentativo di fare propria una storia già perfettamente narrata da un manga e un anime. Che bisogno c’era?

Voto: 7,6

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