Recensione in anteprima – Nuovo film per l’acclamato regista Kim Ki Duk  che ci regala una narrazione prettamente classica, concentrandosi su quella che è realmente la determinazione del protagonista, ovvero quella di tornare dalla propria famiglia e nel mostrare una nazione completamente divisa, perennemente in guerra. Al cinema dal 12 aprile.

(recensione in collaborazione con Nostalgia in vhs)

Il cinema, ancora prima di intrattenere, è sempre stato un meraviglioso mezzo di comunicazione. Metafore che si susseguono, che nella maggior parte dei casi cambiano il nostro modo di vedere le cose. Il prigioniero coreano è senza dubbio è uno dei film più significativi degli ultimi anni, quanto meno per il suo messaggio politico e attuale. Il film narra le vicende di Nam Chul-woo, un pescatore nordcoreano. Nam è un uomo molto povero e la sua unica proprietà è una barca, tramite cui può provvedere del cibo a sua moglie e a sua figlia. La sua vita cambia quando, in un giorno sfortunato, il motore della sua barca si danneggia e, a causa della corrente, viene trascinato in Corea del Sud: qui l’uomo è bloccato dalla sicurezza, che lo tratta come una vera e propria spia.

Con questo film Kim Ki Duk ci regala una narrazione prettamente classica, concentrandosi su quella che è realmente la determinazione del protagonista, ovvero quella di tornare dalla propria famiglia e nel mostrare una nazione completamente divisa, perennemente in guerra. Lo fa avvalendosi e usufruendo della grammatica del thriller, l’unico mezzo possibile per rendere al meglio questa sceneggiatura. I toni claustrofobici e drammatici permettono allo spettatore di entrare in sintonia con il protagonista sin da subito e conferiscono alla storia un’atmosfera davvero pesante, in piena linea con le sensazioni che vivono i personaggi.

Una storia collettiva, in cui i personaggi vengono caratterizzati onestamente e senza troppe esagerazioni. Bastano poche battute per delineare o capire la natura di ogni singolo individuo, indipendentemente se sia buono o cattivo. Come il personaggio interpretato in maniera sorprendente da Kim Young Min, un detective perfido, in cerca di una vendetta personale, che lavora in un ambiente che non può più permettersi degli errori. Un’occasione per riflettere sulla violenza ideologica e per risaltare, ancora di più, una ferita che va avanti da settant’anni. Il film trova la sua maggior espressione attraverso il suo protagonista, interpretato da Ryoo Seung-Bum, che con la sua lealtà e squilibrio psicologico regala una prova attoriale degna di nota.

Volendo trovare dei difetti, il film risulta a volte stereotipato e calca un po’ troppo la mano con il tema principale, ma in fin dei conti Il Prigioniero Coreano è un dramma,una rappresentazione cruda che colpisce dritto al cuore, non solo per le sue interpretazioni, ma anche per le sue immagini. Significative e indimenticabili.

Voto: 7,8

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