Recensione in anteprima – Torino 35 – Festa Mobile – Sean Baker è sceneggiatore, montatore e regista di questa sua sesta opera cinematografica. Nuova opera indipendente che buca lo schermo con la sua prepotente realtà, i giocosi sogni dei bambini e la voglia di vivere dei protagonisti. Al cinema dal 22 marzo.

Moonie (Brooklynn Prince), Scooty (Christopher Rivera) e Jancey (Valeria Cotto) vivono in Florida, in una zona degradata tanto vicina a Disneyland quanto lontana dal suo gioioso e spensierato benessere. Ma i tre hanno circa sei anni, e riescono ancora a trasformare una realtà fatta di fast food, trash televisivo e quotidiana miseria in un’avventura alla Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Le tre simpatiche canaglie abitano in quei terrificanti motel coloratissimi ma squallidi che popolano le periferie della Florida, e i genitori dei bambini (anzi, le mamme, perché i padri sono del tutto assenti) non hanno un lavoro stabile, campano alla giornata, bevono, fumano.

Non sono madri snaturate, perché continuano ad amare i propri figli e qualcuna si adopera per tenerli lontani dai pericoli e dalla perdita di dignità cui loro stesse sono quotidianamente sottoposte. Ma Halley (Bria Vinaite), la giovane mamma di Moonie, cammina pericolosamente lungo il confine fra legalità e crimine, fra rispetto di sé e perdita di ogni decoro. A cercare di tenere insieme ogni cosa è Bobby (Willem Dafoe), il manager (cioè il supervisore) del Magic Castel Hotel dove vivono Moonie e Scooty: un tipo semplice che non ha dimenticato l’umana decenza anche se deve costantemente fare la voce grossa con madri e figli per arginare le loro malefatte.

“Un sogno chiamato Florida”, traduzione del titolo originale, per una volta rende giustizia al film e alla sua identità di progetto, sogno, ai margini di una realtà, o viceversa. Il “progetto Florida” è nato negli anni 60, ed è costituito di diverse costruzioni di appartamenti piccoli e anonimi destinati ai lavoratori della costruzione del “Disney World” li vicino. Ultimato il parco nel 1971, con la costruzione della storica prima parte “Magic Kingdom”, le abitazioni perdono via via importanza e vanno a costituire, man mano, il perfetto rifugio di persone ai margini della società. Molte strutture vengono abbandonate e altre si danno un tono di facciata dipingendo le mura di colori pastello che ricordano la fantasia e la gioia del vicino parco divertimenti.

E’ una liaison molto forte quella tra la magia del parco giochi e le case tristi popolate da gente povera. E’ un legame però molto deprimente. Chi abita quelle case si sente escluso dal “regno”, dalla vita e, quindi cerca di crearne uno proprio.

L’inizio del film vede i bambini su un balcone che fanno a gara di sputi suscitando la reazione violenta della proprietaria dell’auto bersaglio della gara. Ma anche i bambini non le mandano a dire ed è già da queste prime immagini che capiamo come mai in USA il film è stato vietato ai minori di 17 anni se non accompagnati.

Moonie, Scooty e Jancey sono i bambini cresciuti velocemente che hanno la necessità impellente di divertirsi, di essere liberi e di poter così affermarsi per quanto non possono avere materialmente. I loro giochi sono quelli di tutti i bambini del mondo ma il loro atteggiamento verso la vita, verso gli adulti è sostanzialmente irrispettoso, fotocopia di quanto vedono in famiglia. E’ una famiglia con notevoli mancanze. Le assenze dei padri, l’assenza di educazione e l’assenza di lavoro e quindi di un reddito che possa permettere una vita decorosa e non fatta di stenti.

Moonie, la bravissima Brooklynn Prince, è la protagonista assoluta della pellicola. Insieme alla madre single Halley, la bella e giovane Bria Vinaite, Moonie intrattiene un rapporto di eccessiva complicità, la dimostrazione, senza ombra di alcun dubbio di adulti che non sanno prendersi le proprie responsabilità e di bambini che prendono un cattivo esempio. Il grande amore di Halley non può supplire quanto di disorganizzato c’è nella sua vita e nella vita della figlia.

Sean Baker registra anche una delle scene più divertenti e simpatiche che vedono protagonista Moonie. Si tratta della colazione in grande stile, e in modo provocatorio che madre e figlia decidono di prendersi una mattina in un bar. Moonie viene inquadrata in primissimo piano per diversi minuti mentre mangia e parla. Si tratta di una parte della scena non prevista dalla sceneggiatura e che il regista originario del New Jersey ha voluto mantenere proprio perché Brooklynn Prince dimostrava la totale naturalezza davanti alla telecamera.

“The Florida Project” è uno spaccato di vita vera, anche se può sembrare all’apparenza estremizzata. A un passo dal regno da favola (e il cognome Prince dell’attrice protagonista sembra essere un gioco quasi voluto) dell’impero Disney i bambini giocano e sognano più di quanto potrebbero fare insieme a Topolino. La macchina da presa, sovente ad altezza bambino indicano il punto di vista, ogni volta della vicenda. Il carismatico tuttofare Bobby, a capo della struttura funge da padre per le giovani ragazze single che cercano rifugio come Halley e da grande amico per i bambini. E’ un amico strano, apparentemente sofferente per i guai che i bambini creano non ascoltando e disobbedendo a lui e alle regole del motel.

Ma Bobby è un uomo buono, che sa il valore di una ferrea disciplina e capisce anche quanto invece la sincerità e la voglia di vivere sia qualcosa che lui, forse non può più avere ma che deve essere garantita ai bambini. L’interpretazione di Willem Dafoe è maestosa anche in un personaggio che non svetta per protagonismo e non si impone quasi mai nella scena.

“The Florida Project” è un film che lascia allo spettatore l’eredità di una vita normale in condizioni eccezionali. Una vita come tante e come tante povertà sono presenti nel mondo. Questa è una, in un paese ricco, a due passi, letteralmente, da un mondo fatato. Ricorda molto quel “Re di una terra selvaggia” che vede protagonista nuovamente una bambina. Si può essere principesse, regine di un proprio mondo di fantasia, come tutti, come si vorrebbe, nonostante tutto.

Voto: 8,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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