Recensione – Il terzo capitolo della mitologia targata “Cloverfield” è stato annunciato e reso disponibile a sorpresa da Netflix sulla sua piattaforma per tutto il mondo dal 5 febbraio.

In un prossimo futuro, una spedizione spaziale conduce esperimenti su una base satellitare per risolvere la crisi energetica in cui versa la Terra, tanto grave da essere prossima a degenerare in uno stato di guerra diffusa. La spedizione è composta da un team internazionale che comprende una cinese, un’inglese, un americano, un russo, un tedesco, un irlandese e un brasiliano, e la tensione della politica terrestre arriva a intaccare anche gli equilibri interpersonali sulla base. L’esperimento, per quanto cruciale per la Terra, viene ritenuto da alcuni pericolosissimo e in grado potenzialmente di aprire varchi dimensionali scatenando l’inferno. Quando l’ennesimo tentativo va male, gli astronauti si ritrovano ad affrontare varie pericolose bizzarrie come la sparizione della Terra e l’apparizione di una donna misteriosa sconosciuta.

Quello che durante il le pubblicità del Superbowl 2018 sembrava un trailer di annuncio del terzo capitolo di “Cloverfield” è stato, in realtà, il video di annuncio della disponibilità immediata (appena conclusa la partita) del film stesso. Netflix ha sorpreso tutti, e, questa mossa, improvvisa, rimarrà sicuramente nella storia all’interno della storia dei Superbowl.

A dieci anni esatti dall’uscita del primo capitolo “Cloverfield” (in Italia arrivò al cinema il 3 febbraio 2008) arriva direttamente in streaming quello che è, a tutti gli effetti, un terzo film che racchiude l’essenza sia del prequel che del sequel. Nel frattempo, nel 2016 “10 Cloverfield Lane”, il sequel spirituale del franchise e che, narrato in terza persona costituisce una novità rispetto alla soggettiva, fintamente amatoriale del film antesignano di questa saga.

Il “Cloverfield” originario è stato prodotto come un esercizio estremo di dialogo con il cinema in prima persona. Un patto artistico tra sceneggiatore e spettatore che eleva lo spettatore stesso a protagonista delle vicende immergendolo con una soggettiva senza soluzione di continuità dal primo all’ultimo minuto del film.

“Cloverfield Paradox” è, invece molto più classico sia nella messa in scena sia nella narrazione. In terza persona come lo è stato anche “10 Cloverfield Lane” non riesce però a caratterizzarsi come il precedente capitolo che, invece, aveva messo in campo una serrata dinamica tra prigioniera e carceriere in uno spazio oltremodo ristretto e claustrofobico.

Il film si divide in quattro parti abbastanza nette e con diverse velocità. Una prima parte che ci pone di fronte a uno scenario che è più prossimo al reale che al futuro: l’emergenza energetica. Con una “relazione principe” ci viene indicata anche la missione, la seconda parte del film e il susseguirsi dei tentativi. La terza parte, la più ampia è, probabilmente la più interessante anche se deve molto a film come “Alien”, “Lost in space” e a telefilm quali “Star Trek”, “Black Mirror”, per citare i più riconoscibili.

Comune a tutto il film è la pochezza dei dialoghi e delle relazioni tra i diversi personaggi. “Cloverfield Paradox” sembra troppo impegnato a portare lo spettatore dal punto “A” che è situato prima del primo capitolo, al punto “B” che, invece è il vero e proprio sequel del sequel. Un po’ poco, e questo si traduce in una strana sensazione, sembra di vedere non un film ma un capitolo extralarge di una più ampia serie tv.

Il cast, composto, ancora una volta da attrici e attori conosciuti ma non di primissima fascia (con forse, l’eccezione di Daniel Bruhl), è diretto da un regista semi-esordiente e, sicuramente, di pochissima fama.  Il finale, che è la quarta parte, in realtà, non è da disprezzare anche se, l’immagine finale è, forse, troppo esplicita. Chiaramente si tratta di un finale aperto. Al prossimo capitolo, e chissà che non sia un’altra uscita a sorpresa.

Voto: 5,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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