Recensione – Carlo Verdone torna al cinema con il suo ventiseiesimo lungometraggio che lo vede, ancora una volta, protagonista. E’ un film che cita i precedenti e vede i rapporti sociali tra i personaggi sotto il grande occhio delle social app.

Guglielmo Pantalei (Carlo Verdone), proprietario di un negozio di articoli religiosi, non si rassegna all’abbandono da parte della moglie dopo 25 anni di matrimonio apparentemente felice. Ma nella sua depressione quotidiana irrompe Luna (Ilenia Pastorelli), giovane “borgatara” romana, che si candida per il ruolo di commessa nel negozio di Guglielmo nonostante il suo aspetto e i suoi modi facciano più pensare alla lap dance che alle navate di una chiesa. Questa benedetta follia strapperà il sessantenne al declino annunciato verso una senilità rinunciataria e mortifera, aiutandolo ad aprire nuove porte al futuro.

Vedere Carlo Verdone a bordo di una moto con una bandana in testa fa ritornare in mente “Troppo forte” anche se il tipo di moto ricorda un altro film del regista romano “Borotalco”. E’ un inizio che sa di amarcord per tutti quei film passati. Un omaggio per legare la nuova fatica all’interno dei propri ricordi.

Lasciato l’incipit che serve per narrare l’incontro di Guglielmo e della moglie Lidia (Lucrezia Lante Della Rovere) siamo catapultati all’interno di un negozio di oggetti e paramenti sacri. Un inizio simile si era visto in  “Cornetti alla crema” di Sergio Martino del 1981 dove Lino Banfi svolge il lavoro di sarto per cardinali in Vaticano. Scena simile con Verdone alle prese con un cardinale un po’ troppo fuori forma per entrare nel vestito ordinato solo qualche settimana prima. Citazione, molto probabilmente, involontaria.

Il film si accende con l’entrata in scena di Ilenia Pastorelli. Un personaggio dalla personalità esuberante, coatta, ingenua e sopra le righe che calza a pennello all’attrice. Un’altra ottima prova per l’ex concorrente del grande fratello che dimostra, ancora una volta, di aver fatto tanta strada dall’esordio televisivo.

Luna (Ilenia Pastorelli) rappresenta la follia che è benedetta, nel significato etimologico del termine, da Guglielmo. Sebbene quest’ultimo sia dapprima restio a dare confidenza alla ragazza, ben presto Luna diventerà punto fermo della sua nuova vita.

Il film funziona molto bene con questi due personaggi che si confrontano con la realtà dei giorni nostri e con la realtà delle loro relazioni finite o precarie. L’introduzione nel mondo delle app social di dating è, per Guglielmo la conoscenza di un nuovo mondo. In realtà le app di quel tipo non funzionano così bene come il film vorrebbe far credere ma, come in altri film, Verdone riesce a stare al passo coi tempi e con le nuove tecnologie.

Il punto debole della pellicola è da ricercare in un andamento della storia che si appiattisce pian piano verso la bontà d’animo, attraverso una serie di situazioni pittoresche ma già ampiamente viste e riviste in diversi film del regista romano. Ecco allora che nella seconda parte, il nuovo lavoro di Verdone scioglie come neve al sole tutto il capitale che porta in dote dalla prima parte ed è un vero peccato.

Il Carlo Verdone della fine degli anni dieci del ventunesimo secolo è molto meno cinico, determinato, sicuro e libero di quello conosciuto venti o trent’anni fa con i suoi film. “Benedetta follia” è un film per famiglie, magari con figli adolescenti o giovani. Rispecchia molto quel filone di film di Carlo Verdone che divertono molto e che viaggiano per buona parte con il pilota automatico. Un discreto prodotto che piacerà a buona parte del pubblico.

Voto: 6,4

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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