Recensione in anteprima – Presentato al Festival di Toronto e in questi giorni alla Festa del Cinema di Roma, Borg McEnroe è il nuovo lavoro del regista danese Janus Metz Pedersen. Il film, in uscita il 9 novembre, porta sul grande schermo la leggendaria rivalità fra due icone del tennis mondiale.

Per la prima volta al cinema una delle più straordinarie rivalità sportive di tutti i tempi che ha cambiato in modo indelebile la storia dello sport mondiale. Da una parte l’algido e composto Björn Borg (Sverrir Gudnason), dall’altra l’irascibile e sanguigno John McEnroe (Shia LaBeouf). Il primo desideroso di confermarsi re incontrastato del tennis, il secondo determinato a spodestarlo. Svelando la loro vita fuori e dentro il campo, “Borg McEnroe” è il ritratto avvincente, intimo ed emozionante di due indiscussi protagonisti della storia del tennis e il racconto, epico, di una finale diventata leggenda: quella di Wimbledon 1980.

“Borg McEnroe” è un eccellente biopic che racconta la sfida tra due enormi personalità del tennis. Il regista Janus Metz Pedersen alterna sapientemente scene che mostrano i due tennisti alla vigilia della finale di Wimbledon del 1980, a scene che ritraggono i due protagonisti durante la loro adolescenza (Borg adolescente è interpretato da Leo Borg, il figlio di Björn). Il film, infatti, indaga e mostra la vita di questi due campioni sia dentro che fuori il campo da tennis, andando ad esplorare il passato e gli anni della giovinezza di Borg e McEnroe.  Due ragazzi in lotta per dimostrare di essere il giocatore migliore e imprigionati nella loro rivalità. Allo stesso tempo, però, si mettono ampiamente in risalto gli stati d’animo e l’aspetto più emotivo, intimo e personale di questi due grandi sportivi.

Da un lato c’è Björn Borg, interpretato da un ottimo Sverrir Gudnason (perfetto sosia di Borg): controllato, glaciale – a tal punto da essere soprannominato Ice Borg – un ragazzo che non lascia trapelare alcuna emozione. Al contrario John McEnroe è un personaggio iracondo, arrogante ed esuberante; il pubblico, però, non può non simpatizzare con questo sportivo dal carattere decisamente sopra le righe, merito anche della straordinaria interpretazione da parte di Shia LaBeuf.

Proprio per enfatizzare queste due personalità così diverse e particolari il regista ha scelto di utilizzare la camera a mano. Janus Metz Pedersen afferma:

“Per esplorare il tumulto interiore di Björn e John il film fa uso di una fotografia cruda, utilizzando molto la camera a mano e la steady-cam per trasmettere un senso di immediatezza e realismo. A questo si contrappongono sequenze volte a creare un’atmosfera ricca, con immagini quasi simboliche che mirano a seguire l’importanza storica degli eventi. Mettiamo lo spettatore nei panni di Björn e John, ma poi abbandoniamo questo spazio saturo e talvolta claustrofobico per riacquistare una prospettiva più ampia che sottolinei l’importanza del match e la dimensione esistenziale della storia”.

L’epilogo del film fa rivivere la celebre finale di Wimbledon del 1980. Una partita che sancisce la fine di un torneo e decreta un vincitore, ma che segna anche l’inizio di una profonda amicizia fra due sportivi solo apparentemente così diversi l’uno dall’altro.

Voto: 8

Di Silvia

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