Recensione in anteprima – Venezia 74 – In concorso – Secondo lungometraggio di Sebastiano Riso che porta al cinema diversi temi scottanti riguardo la maternità, il ruolo della donna, il traffico di neonati e troppo altro. Molti i problemi dopo una prima parte interessante. Al cinema dal 28 settembre.

Vincent è nato cinquant’anni fa vicino a Parigi ma ha tagliato ogni legame con le sue radici. Maria, più giovane di quindici anni, è cresciuta a Ostia, ma non vede più la sua famiglia. Insieme formano una coppia che non sembra aver bisogno di nessuno e conducono un’esistenza appartata nella Roma indolente e distratta dei giorni nostri, culla ideale per chi vuole vivere lontano da sguardi indiscreti. In più, Vincent e Maria sono bravi a mimetizzarsi: quando prendono il metrò, si siedono vicini, teneramente abbracciati. A volte cenano al ristorante, più interessati a guardarsi negli occhi che al cibo nei loro piatti. Quando tornano a casa, fanno l’amore con la passione degli inizi, in un appartamento di periferia che lei ha arredato con cura. Eppure, a uno sguardo più attento, quella quotidianità dall’apparenza così normale lascia trapelare un terribile progetto di vita portato avanti da lui con lucida determinazione e da lei accettato in virtù di un amore senza condizioni. Un progetto che prevedere di aiutare coppie che non possono avere figli. Arrivata a quella che il suo istinto le dice essere l’ultima gravidanza, Maria decide che è giunto il momento di formare una sua vera famiglia. La scelta si porta dietro una conseguenza inevitabile: la ribellione di Maria a Vincent, l’uomo della sua vita.

Secondo lungometraggio per Sebastiano Riso che porta alla 74esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia un film drammatico e che ha l’intento di porre l’attenzione su degli argomenti fortemente attuali. Il ruolo della donna, la compravendita di neonati, le coppie omosessuali, i medici corrotti, il traffico di armi, ecc sono probabilmente troppi argomenti per un intero film puntellato tutto su due personaggi principali e sul ritmo di una coppia pervasa da un’amore meccanico e mai profondo.

Una famiglia” parte anche sufficientemente bene, almeno nei primi venti minuti dove l’alone di mistero risulta interessante. Con il passare dei minuti però la sceneggiatura dimostra tutti i suoi limiti e lo spettatore viene distratto da movimenti di macchina alquanto bizzarri giustificati in parte dal ridottissimo budget a disposizione. Le caratterizzazioni dei personaggi appaiono alquanto piatte se si eccettua la protagonista Maria (Michaela Ramazzotti). Una recitazione non troppo convincente del resto del cast non aiuta un film che si perde in mille rivoli e sottotrame nel susseguirsi delle scene.

Ci sono molte scelte alquanto discutibili riguardo il funzionamento di maternità, incontri con il dottore, diagnosi effettuate “a vista” o quasi, passaggi logici che non reggono nella realtà e nemmeno in una finzione drammatica. Una sorta di confusione finale che non si schiera, e questo può essere un bene ma azzoppa terribilmente l’interesse dello spettatore che si trova a visionare una serie di decadimenti morali, sociali che, forse non comprende appieno.

Lodevole l’intento di portare al cinema dei problemi sociali che troppo spesso si trovano ai margini delle discussioni culturali e quotidiane ma, purtroppo la realizzazione complessiva del film presenta diversi difetti. Peccato. Da segnalare la luminosità scenica di Matilde De Angelis, che, nei pochi minuti di presenza, fa cambiare marcia a tutto il film.

Voto: 4,5

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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