Recensione – Il nuovo film di Bong Joon-ho non arriva nelle sale italiane ma viene distribuito direttamente da Netflix sulla sua piattaforma digitale dal 28 giugno. Un film che è una favola moderna e un’amicizia infinita tra una ragazza e il suo animale “domestico” di sempre. Incantevole ma non privo di qualche perplessità creative.
Per dieci anni meravigliosi la giovane Mija (An Seo Hyun) si è presa cura di Okja – un enorme animale – nella sua casa tra le montagne della Corea del Sud. Tutto cambia quando la multinazionale Mirando Corporation prende Okja e la porta a New York: la CEO Lucy Mirando (Tilda Swinton), ossessionata dall’apparenza e da se stessa, ha grandi progetti per il più caro amico di Mija.
Dopo il grande successo di critica di “Snowpiercer”, il regista sud coreano Bong Joon-Ho torna con un nuovo lungometraggio e ci parla nuovamente di contrasti tra società diverse, di dinamiche sociali di facciata e reali descrivendo quella che potrebbe essere identificata come una favola moderna che tratta di ambiente e animali.
In “Snowpiercer” , il regista aveva portato all’interno di un treno tutto un mondo di esseri umani variegati e dai costumi, usanze, culture e bisogni diversi. In uno spazio ristretto un futuro di poca speranza e di molta violenza. Nel suo nuovo lavoro, invece, il futuro del mondo è visto su larghissima scala e con due contrapposte modalità di vita. La vita occidentale volta al guadagno, a riqualificare tradizioni e vecchie nostalgiche fabbriche di famiglia in qualcosa di nuovo, moderno, utile al profitto e solo superficialmente socialmente ecosostenibili. L’altra vita, più smaccatamente orientale, immersa nella natura, senza vincoli social e connessioni che ci viene presentata attraverso gli occhi di una ragazzina e del suo “animale domestico” e compagno di giochi.
Il divario è netto nei colori: il grigio, nero, e con una scena diverse volte poco illuminata nell’occidente frenetico contrapposto al verde lussureggiante della foresta orientale, i colori solari, nitidi, allegri di una vita a contatto con la natura.
“Okja” è sempre un gioco di contrapposizioni, alcune molto riuscite e coinvolgenti altre più smaccatamente costruite e ridondanti. Il gioco però funziona, ci si affeziona al grosso animale ibrido, si parteggia per Mija più di quanto si è soliti ammettere. Lo spettatore, durante la visione, si ritrova facilmente a fare il tifo per quella parte “buona” della vicenda anche se, contemporaneamente, non si accorge che, in realtà si ha sempre di fronte, tutti i giorni o quasi, quella parte grigia, incolore, arrivista, cinica e iperproduttiva.
L’estremizzazione di alcune figure chiave, come Lucy Mirando (una sempre impeccabile Tilda Swinton) oppure il dottor Johnny Wilcox (un divertito Jake Gyllenhaal) completano un quadro molto interessante e variegato che sottolinea ancora di più quella voglia di regista e sceneggiatore di creare distinzione, separazione netta tra personaggi reali, veri con emozioni forti e altri verosimili ma finti, di facciata e costruiti come elementi di ingranaggi che devono essere perfetti per generare reddito, fama, popolarità.
Il profondo rapporto tra Mija e Okja, intrecciato nel corso di dieci anni di convivenza spensierata viene proposto con una forza dolce e tenera senza mai scadere nel banale. La loro relazione bambina/animale è autentica e risalta in un contesto, quello del mondo occidentale, totalmente finto e artefatto. Malgrado il film si sfilacci un po’ nel finale a causa di una frettolosa e forse semplicistica risoluzione, “Okja” è un buon film. Un’interessante favola moderna, un occhio gettato a riflettere su natura e alterazione della stessa a fini commerciali, egoistici, o più propiamente “moderni”.
Voto: 6,9