The Bench (MatteoAbrami)

“THE BENCH”

di

Matteo Abrami

FADE IN: BLACK

VOCE MASCHILE

I tuoi respiri sono calmi e regolari.

Senti i vestiti posati sulla pelle.

Senti i piedi che toccano terra.

Senti la mia voce che ti accompagna.

Lascia che i ricordi emergano.

CUT TO:

SCENA 1. EST. GIORNO. PARCO

Alice cammina tranquillamente per il parco, godendosi il colore giallo-arancione portato dall’autunno. E’ vestita in modo elegante, quasi formale, tipico delle donne in carriera.

Il luogo, nonostante la bella giornata autunnale, è deserto.

Arriva a quella che sembra una delle estremità del parco, dove sceglie una panchina tra la fila di quelle presenti su cui sedersi . E’ rivolta verso la strada, dopo la quale si trova un edifico colorato, la cui finestra del primo piano è spalancata; Da lì, si sente una voce di donna.

Alice, inizialmente infastidita, non può fare a meno di ascoltare e di incuriosirsi.

VOCE FEMMINILE (off) (piangendo)

Io non ne posso più!

Perchè continui ad insistere eh?

Pensi di essere l’unico ad averlo perso?

Vai in camera-

Una porta sbatte. Dopo poco, dalla porta esterna dell’edificio esce un bambino, che si va a sedere nella panchina adiacente a quella di Alice. Sembra avere undici o dodici anni, indossa una tuta da casa. Ha le guance segnate dalle lacrime.

Nel frattempo, la finestra si è chiusa.

Alice sembra indecisa su cosa fare. Poi notando che dalla finestra nessuno guarda, si avvicina e si siede timorosamente vicino al bambino.

Lo osserva attentamente e per un attimo accenna un sorriso. Il bambino non si accorge della sua presenza e rimane con la testa rivolta verso il basso, rimuginante.

ALICE

Ehi Ciao, tutto bene?

Il bambino non risponde e continua ad ignorarla.

ALICE

Come ti chiami?

Io sono Alice.

Alla pronuncia del nome il bambino alza la testa e guarda la donna, come se fosse sorpreso.

DANNY (sottovoce)

Danny.

ALICE

Come?

DANNY

Mi chiamo Danny.

ALICE

Piacere di conoscerti, Danny.

Alice tende amichevolmente la mano al bambino che, dopo una breve indecisione, la stringe.

ALICE

Quanti anni hai?

DANNY

Undici.

ALICE

Wow, ormai sei un ometto eh?

Danny sorride lievemente e si asciuga le lacrime.

ALICE

Sai, ho un figlio della tua età,

vi assomigliate.

Quando era più piccolo lo portavo sempre in questo parco.

Passavamo ore qui, insieme.

Amava da impazzire andare sull’ altalena.

Voleva che lo spingessi con tutta la forza che avevo,

mi faceva fare una fatica! (ride)

 

Danny ride con lei.

 

DANNY

Anche a me piace molto.

Mia mamma però non mi accompagna.

Non più almeno.

ALICE

Si è arrabbiata per qualcosa?

Le madri a volte si arrabbiano ma poi passa e-

DANNY (interrompendola)

-Lei è pazza.

ALICE

Dai, non dire così.

Scommetto che è solo un momento.

DANNY

Sarà quasi un anno ormai.

Non ce la faccio più, a volte penso-

Danny piange.

Alice si avvicina lentamente, accenna un timido abbraccio. Con dolcezza il bambino ricambia.

Nello sguardo della donna si nota un cambiamento, come una profonda tristezza malinconica rievocata dall’ abbraccio col bambino.

Intorno a loro vige sempre la tranquillità ma qualcosa nel clima cambia:

il cielo, prima limpido, inizia a colorarsi del grigio delle nuvole; il vento si alza, muovendo le foglie morte cadute nelle aiuole del parco.

DANNY (distaccato)

Devo andare ora.

ALICE

E’ stato un piacere conoscerti.

Danny non risponde. Si alza, si avvia verso la porta ed entra.

La finestra si apre.

SCENA 2. INT. GIORNO. APPARTAMENTO

Danny entra in casa e chiude la porta alle sue spalle. Davanti a sè ha sua madre.

ALICE (infastidita)

Sei tornato quindi.

L’inquadratura mostra Alice seduta vicino al tavolo del soggiorno, su cui è posata una confezione di pillole semi vuota. La donna ne ingoia avidamente una manciata che aveva nella mano destra.

Ha un’ aspetto distrutto: capelli spettinati, faccia pallida e malata. Nella mano sinistra tiene ed agita nervosamente una sigaretta.

DANNY

Si. Scusa.

ALICE

Le scuse non bastano sai?

Tuo padre sarebbe qui se le tue scuse servissero a qualcosa.

Tuo padre-

Le parole le si strozzano in gola. La rabbia e la tristezza deformano il viso di Alice.

DANNY

Io-

ALICE (interrompendolo)

Tu?

Tu non saresti mai dovuto nascere.

Vai in camera tua.

Danny sembra non essere toccato dalle parole della madre. Si dirige verso camera sua, chiude la porta. Alice piange.

SCENA 3. EST. GIORNO. PARCO

Alice è ancora seduta sulla panchina. Il suo viso è cambiato. Sembra ricordare quello che è successo a suo figlio.

VOCE MASCHILE (off)

Conterò lentamente da 1 a 5.

Quando avrò finito sarai completamente sveglia.

Alza lo sguardo e vede Danny in piedi fuori dalla finestra.

Non si agita, ma i suoi occhi esprimono la sofferenza che sta provando nel rivivere quel ricordo.

L’inquadratura mostra un primo piano sugli occhi di Alice: partendo dall’altezza delle finestra da cui Danny salta, essi si abbassano seguendo il cadere del bambino.

VOCE MASCHILE (off)

Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

Lo sguardo di Alice arriva ad osservare la strada.

VOCE MASCHILE (off)

Cinque.

FADE TO: BLACK

CUT TO:

SCENA 4. INT. GIORNO. STUDIO PSICANALISTA

Alice apre lentamente gli occhi.

E’ straiata su un lettino da psicoanalisi, davanti a lei un dottore sta prendendo appunti. Inizialmente sembra confusa.

DOTTORE

Stia tranquilla signora Davis,

l’ ipnosi è andata benissimo.

La donna sembra iniziare a capire. Il volto si fa serio.

DOTTORE

Ora vorrei che mi dicesse cosa è successo a suo figlio,

secondo quello che ricorda.

Alice prende tempo. Sembra non volere accettare la verità che ora le è finalmente chiara.

ALICE (a bassa voce, occhi chiusi)

E’ morto. Danny è morto.

DISSOLVE TO:

SCENA 5. INT. GIORNO. ESTERNO STUDIO

Alice esce dallo studio medico, prosegue nel corridoio, dirette verso l’ascensore.

Una volta vicina ad esso, si gira e nota una madre ed un bambino che rientrano in casa.

Il bambino la guarda negli occhi.

Alice sorride.

FADE OUT:

FINE.

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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