Recensione in anteprima – Alla decima prova da regista Fausto Brizzi si confronta con il genere del cinepanettone, fortemente imparentato con le commedie da lui dirette negli anni passati. Un film divertente e che non si prende troppo sul serio. Dal 15 dicembre al cinema.

I Tucci sono una famiglia povera di un piccolo paese del Lazio. Padre, madre, una figlia vanitosa e un figlio genio, costretto a fingersi idiota per stare al passo con la famiglia. Con loro vivono anche il cognato, botanico ma nullafacente, e la nonna, patita di serie TV. Un giorno accade qualcosa di completamente inaspettato: i Tucci vincono cento milioni di euro. Sull’onda dell’emozione decidono di mantenere segreta la vincita, ma, come spesso succede in questi casi, una parola di troppo scappa dalla bocca del capofamiglia e ai Tucci rimane soltanto una soluzione, prima di essere perseguitati da sedicenti amici e conoscenti: scappare.

Cosa si chiede a un cinepanettone, cinepandoro, cinematrimonio, o comunque a un film di Natale che può essere visto durante le feste da tutta la famiglia? Che almeno sia divertente, che faccia ridere, che si possa passare un congruo tempo al cinema in modo piacevole. “Poveri ma ricchi” riesce a rispondere molto bene a tutte queste domande.

Il film è il remake del film francese “Les Touches” e si vede che non è tutta farina del sacco italico, la sceneggiatura è molto scorrevole e ovviamente, è stata riadattata ai luoghi, alle parlate e alle modalità di riscossione premi italiane. Basti pensare, per esempio, che, come rivelato dal regista stesso nelle note di regia, la sceneggiatura ha dovuto tenere conto del fatto che in Francia i vincitori delle lotterie e giochi a premi sono resi pubblici mentre in Italia c’è l’anonimato, che in questo caso, salta abbastanza velocemente e con una comprensibile rivendicazione sociale.

Funzionano molte scenette comiche, molti confronti tra i poveri e i ricchi anche perché i Tucci non troveranno mai il modo di integrarsi nel gruppo dei ricchi, saranno solo dei poveri con i soldi come più volte si nota, come più volte questa situazione sarà fonte di equivoci. Ci sono due città e modi di vita a confronto. Banalmente viene riproposto il romano al nord, in quella Milano che vede i protagonisti esclamare, appena arrivati: “Siamo in Europa”. Per chi, come chi scrive, conosce quelle zone, si tratta quasi sempre di panoramiche della nuova piazza Gae Aulenti con il palazzo più alto d’Italia più volte inquadrato senza far vedere la famosa scritta della banca, anche perché il product placement pagato è di un’altra banca concorrente.

Funziona in modo molto dinamico e comico il duo Christian De Sica, Lucia Ocone. Lei bravissima già in altri film, qui tiene testa a un rossiccio De Sica che torna ai livelli che tutti volevamo vedere. Anna Mazzamauro, quella signorina Silvani di fantozziana memoria è in perfetta forma e dona quel tocco geniale alla commedia.

Funziona un po’ meno la sottotrama che riguarda Enrico Brignano e la bella Lodovica Comello, si tratta di qualcosa di già visto in altri film e soprattutto in un paio di film di Brignano stesso, il suo “Si fa presto a dire amore” e il film tv “Vip”, è la parte sentimentale che è eredità diretta dei film sentimentali di Fausto Brizzi stesso.

“Poveri ma ricchi” è anche una lunga sequela di comparsate, dal presidente della Sampdoria Ferrero a Giobbe Covatta con l’intepretazione di un prete sui generis (e divertentissimo) fino ad arrivare a quella che è l’apparizione principe: Al Bano.

Con l’aggiunta di una prevedibile morale e confezionata in una sorta di fiaba raccontata dal figlio minore il film non è esente da difetti ma, mai come in questo caso, vengono perdonati un po’ tutti e il film assolve al suo compito: far passare poco più di un’ora e mezza in totale divertimento.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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