Recensione in anteprima – Torna James DeMonaco alla regia e alla sceneggiatura de “La notte del giudizio”. Saga iniziata nel 2013, proseguita nel 2014 e ora giunta al terzo capitolo. Diverso ma allo stesso tempo fedele a sé stesso il film è sorretto da azione, ritmo e tensione ben congegnati. Nelle sale dal 28 luglio.

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Durante la campagna elettorale presidenziale americana prendono piede le proteste contro la “notte del giudizio” che alcuni ritengono sia solo un metodo del governo per ridurre la popolazione povera e le relative spese di assistenza. La candidata alla presidenza senatrice Charlie Roan – che visse una terribile esperienza 18 anni prima durante uno dei primi “sfoghi” – intende eliminare la notte in cui ogni crimine è concesso. Ma i cosiddetti Nuovi Padri Fondatori, che l’hanno introdotta, non stanno con le mani in mano. Sostengono Edwidge Owens, un religioso rivale di Charlie, ma soprattutto vogliono usare la prossima notte del giudizio per eliminare la rivale.

Terzo capitolo della fortunata serie iniziata da James DeMonaco nel 2013 con un budget ridotto e con un primo film claustrofobico. Un successo dietro l’altro utilizzando una formula, quella dello sfogo notturno, sempre uguale a sé stessa ma declinata in diversi ambienti, con diversi personaggi e diversi motivi da sostenere.

In “La notte del giudizio – Election Year” il messaggio si fa fortemente politico anche se estremamente semplice e, in certi passaggi forzato. Viene data motivazione sociale alla notte dello sfogo e a tutto un dipanarsi di alleanze e tradimenti sotterranei e subdoli che vengono letteralmente spiattellati in faccia allo spettatore.

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La valenza politica si fa più stretta se si pensa alla coincidenza (??) dell’elezione americana reale con l’elezione della leadership americana nel film e che diventa il sottotitolo della pellicola.

Oltre a questo messaggio il film è completato da una serie di rapporti d’amicizia e di collaborazione che si vengono a creare nella folle notte, vuoi per difendersi, vuoi per sopravvivere, vuoi per sostenere e soccorrere le vittime. Una sceneggiatura quindi interessante sotto diversi punti di vista anche se non mancano i momenti poco riusciti intervallati a scene che rendono bene la tensione del momento e la gravità della situazione.

Inutile dire che, come ogni buon film che fa del terrore e dell’orrore la sua principale arma, il sangue scorre a fiumi anche se non è un susseguirsi di violenza senza senso. Un giusto equilibrio che scontenterà i seguaci dell’horror più violento ma che crea quell’interesse sempre acceso nello spettatore.

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Un film che si lascia vedere con interesse quindi e, forse, il più vendibile al pubblico anche grazie al suo messaggio politico sociale. Un’ipotesi, purtroppo, non troppo inverosimile. Attori in parte anche senza grandi exploit.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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