Cannes 2016 – Grazie a Cinefile.biz abbiamo una finestra sulla 69esima edizione del festival di Cannes. Vi proponiamo la recensione sul posto, del film di Woody Allen (fuori concorso) e del film di Ken Loach (in concorso).
Recensioni di due film dei primi due giorni di festival a Cannes. Grazie all’inviato, sul posto di Cinefile.biz
“I, Daniel Blake” di Ken Loach
Daniel Blake si sta riprendendo da un infarto, ma mentre il medico gli impedisce di tornare a lavorare, il sistema di assistenza sociale di Newcastle lo dichiara idoneo. Dan si trova così senza lavoro e senza assegno di disoccupazione. La sua strada si incrocia con quella di Katie, madre single appena trasferitasi da Londra…
Se si cerca un’opinione confortante sul governo britannico, i film di Ken Loach non sono certo il luogo migliore in cui cercarla. I, Daniel Blake non fa eccezione, anzi. Presentato in concorso a Cannes 2016, il film è un lucido e interessante spaccato della mostruosità burocratica e disumana che l’assistenza sociale di Sua Maestà è ormai diventata, non solo a causa della privatizzazione. La sceneggiatura del fido Paul Laverty si sviluppa attraverso brevi quadri di vita di periferia che oscillano tra il leggero e il toccante a seconda della situazione, senza mai risultare eccessivi né banali, e senza far mai accusare allo spettatore il ritmo pacato con cui la vicenda principale si dipana. (continua)
Bobby è un giovane newyorchese che decide di trasferirsi a Los Angeles, sperando di poter lavorare nell’agenzia di rappresentanza delle star di Hollywood di cui suo zio è proprietario. Lì incontra Vonnie, e se ne innamora al primo sguardo. Ma non può far altro che corteggiarla con pazienza, perché è già impegnata con un altro…
Il Festival di Cannes 2016 si apre con il primo film digitale di Woody Allen. Visivamente, però, Café Society appartiene più a Vittorio Storaro, che sfrutta bene la classica staticità alleniana per dar luce a quadri d’insieme di buon effetto pur affidandosi come al suo solito troppo a dominanze cromatiche esagerate. Ma ancora una volta il cuore di un film di Woody Allen non è tanto ciò che si vede sullo schermo quanto l’ambiente che viene ritratto e i personaggi che lo popolano. (continua)