Recensione – Paolo Genovese porta al cinema la sua decima regia e fa centro con il suo miglior film. Una commedia divertente, a tratti amara e a tratti dolce con un profondo sguardo alla tecnologia e alla schiavitù dei segreti. Un cast e una sceneggiatura quasi perfetti.

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Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell’altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l’utilizzo “ludico” dei nuovi “facilitatori di comunicazione” – chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social – a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c’è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.

Bentornata commedia, bentornato film italiano godibile, ritmato, non scontato, radicato nella realtà dei tempi e con un pizzico di coraggio. Non sono solito apprezzare il cinema italiano, molto spesso legato a una commedia trita e ritrita. Finalmente però mi son deciso ad andare a vedere questo film che è forte di un passaparola molto positivo e quindi eccomi qua impressionato positivamente anche io e pronto a snocciolare le ottime cose viste e qualche inevitabile difetto.

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Dopo poche scene siamo catapultati in una stanza, i protagonisti non variano, vengono presentati nei primi minuti e quelli rimangono, dalla stanza non si esce. Forte di una tradizione recente più francese per questo genere di commedie “a tavola” o “in una stanza”, Genovese ne reinterpreta con astuzia e modernità la motivazione del mangiare insieme tra amici. E’ una serata che inizia con il relax di un incontro tra amici dopo una settimana piena di lavoro e il gioco iniziato per caso con i cellulari sul tavolo in viva voce si tramuta in un disastro prevedibile e non preventivato.

Il cellulare, custode intimo di molti messaggi personali diventa il vero protagonista dell’azione, i personaggi possono solo seguire quanto viene dettato da trilli, sms, telefonate. Un ritmo scandito anche da sotterfugi, bugie, momenti di tensione stemperati da una sceneggiatura che incolla addosso agli attori dei personaggi divertenti, sinceri, genuini e molto vicini alla realtà di tutti i giorni.

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Per un’ora e mezza Valerio Mastrandrea, Marco GialliniAlba Rohrwacher su tutti danno prova della loro bravura. Ma anche il resto del cast segue in scia creando un’alchimia e una coesione poche volte riscontrata in prodotti di questo tipo. Grazie alla prova di tutti questi bravi attori il film funziona e funziona molto bene soprattutto nella parte divertente, quella piena di battute tra amici, di situazioni al limite del ridicolo. Purtroppo però quando i discorsi si fanno un po’ più seri, le risate in sala continuano. E questo fa pensare e molto. Le risate non dipendono per nulla dalla fattura del film, non sono involontarie e tanto meno volontarie, son semplicemente ingiustificate. Il pubblico non ha capito il cambio di registro e la lodevole (e ben costruita) virata, a piccoli passi, verso le conseguenze più serie di certi comportamenti si sgonfia del suo effetto.

Qualche scivolone da frase fatta e concetti già sentiti e forzatamente inseriti solo per essere coerenti con il pensiero “alla moda” scollano un po’ il finale che ha un bel messaggio finale che ovviamente non vi sveliamo.

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“Perfetti sconosciuti” è il titolo giusto di una commedia agrodolce e moderna che si può riassumere nell’incipit del “chi non ha nulla da nascondere non si nasconde” ma chi, oggi, anche grazie alle maggiori possibilità di comunicazione, può dire di non avere nulla nulla da nascondere? A chi abbiamo demandato la comunicazione dei nostri sentimenti, dei nostri dolori, dei nostri amori? Prima qualcuno aveva un diario, ora si ha una scatoletta che ostiniamo ancora a chiamare telefono ma col quale non telefoniamo quasi mai più. Siamo connessi con gli altri, ma non con noi stessi, siamo parte di mille gruppi whatsapp ma non siamo essere mai parte di una comunità. Possiamo chiamare e messaggiare con chiunque ma ci scordiamo sempre di chi ci sta accanto e lo diamo troppo e troppo spesso per scontato.

Voto: 7,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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