Recensione – Dalla regia di Alex Proyas un nuovo film sulla mitologia egizia con un budget stellare (140 milioni). Se la visione appaga gli occhi attraverso dei, umani e creature mitologiche, la realizzazione tecnica e artistica è molto pasticciata volta più a creare dei supereroi che si scontrano tra loro (o quasi).
Quando Osiride, dio che vigila sul popolo del Nilo, decide di lasciare il regno nelle mani del figlio Horus, il fratello Seth usurpa il trono con la forza, uccidendo il padre e accecando il legittimo erede. Sfuggendo al crudele dominio di Seth, un mortale, il ladro Bek, cerca la prigione di Horus per liberare il dio e liberare così la sua amata e il popolo d’Egitto.
C’è Alex Proyas, il regista di “Il Corvo”, “Dark City”… il controverso “I, robot” e il bruttino “Segnali dal futuro”, in pratica una carriera con parabola discendente per ora. Ci sono Geoffrey Rush, Gerard Butler e Nikolj Coster-Waldau ma non è difficile vedere in loro i personaggi che hanno sempre interpretato in altre occasioni, primo tra tutti il Gerard Butler con barba che assomiglia troppo a Re Leonida di “300”, vien da pensare che, ad un certo punto possa gridare “Questo è l’Egitto!”.
Un fiume, anzi un mare di soldi, ben 140 milioni di budget fagocitati da una produzione che non sviluppa perfettamente gli effetti speciali, troppi, e una scenografia mastodontica e, a tratti pacchiana. Costumi ricercati ma più adatti a vestire un Iron Man che un dio egizio, con una modernità a tratti disturbante.
La storia, abbastanza banale è riempita di citazioni a mitologie e mezze storie egizie. Chi le conosce sa bene da che parte sono state prese e trasformate, chi non le sa, o non le sa tutte come me si ritrova spiazzato e confuso in un filo logico che c’è ma si perde sovente dinanzi a dei che arrivano si presentano e passano via. A questo aspetto si accompagna una corsa, frenetica, del protagonista umano che, con una verosimiglianza ridicola, riesce a tener testa agli dei. Una corsa che si snoda durante il film come fossimo in un videogioco, affrontato un certo livello si passa al successivo per recuperare un oggetto, oppure per risolvere un indovinello e via così fino alla liberazione finale, allo scontro che tutti sappiamo ci sarà fin dalle prime battute del film.
“Gods of Egypt” è stato anche accompagnato dalla polemica sui personaggi “all white” di dei e umani egizi. Un’altra stortura e forzatura, forse non voluta, di un film che non è un documentario e quindi si può prendere tutte le licenze che vuole ma che testimonia una poca accuratezza nel creare il casting. Con la più grande sincerità di questo mondo l’unica in parte (banale) risulta essere la bella attrice australiana Courtney Eaton, gli altri (gli dei) sono al limite del giggioneggiamento mentre l’umano appare come la triste fotocopia di un nerd in calore ai tempi egizi.
Poteva essere un gran film visto il budget, poteva esserlo guardando anche al vastissimo e complicato mondo della mitologia egizia. Poteva essere ma non è nulla di tutto questo almeno nella realizzazione finale. Peccato.
Voto: 4,7
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